La Catalogna abolisce la corrida

Con 68 voti a favore, 55 contrari e 9 astensioni, il Parlamento catalano ha approvato in mattinata l’abolizione della corrida nella Regione dal 2012. Sembra che in realtà in Catalogna la corrida già da tempo non riscuotesse più il successo che tuttora riscuote in altre Regioni e che comunque la scelta di porre fine alla tradizione spagnola per eccellenza sia significato soprattutto un ulteriore elemento di autonomia economica e culturale della Regione nei confronti del governo di Madrid

Con 68 voti a favore, 55 contrari e 9 astensioni, il Parlamento catalano ha approvato in mattinata l’abolizione della corrida nella Regione dal 2012. Sembra che in realtà in Catalogna la corrida già da tempo non riscuotesse più il successo che tuttora riscuote in altre Regioni e che comunque la scelta di porre fine alla tradizione spagnola per eccellenza sia significato soprattutto un ulteriore elemento di autonomia economica e culturale della Regione nei confronti del governo di Madrid.

Il commento di Federfauna: “dal 2012 uno spettacolo di antica tradizione popolare, apprezzata già dagli antichi greci, etruschi e romani e diffusa poi nei Paesi di cultura ispanica e in alcune zone della Francia, una festa nazionale della Spagna, ma anche parte del patrimonio culturale dell’Europa meridionale e di quello mondiale, in Catalogna non ci sarà più. Non ci saranno più un buon numero di posti di lavoro, un catalano che vorrà esercitare la sua libertà di assistere a una corrida dovrà andare fuori Regione e nemmeno i tori di razza pregiata, allevati con tutte le attenzioni in grandi fattorie appositamente per questa tradizione, in catalogna non interesseranno più a nessuno e saranno destinati a estinguersi. Certo, per gli animalisti la corrida rappresenta soltanto un evento barbaro e sanguinario, ma come in altre occasioni, la loro attenzione per il singolo animale andrà inesorabilmente a discapito della specie. Per quanto riguarda gli uomini invece, sarebbe bene ricordare che l’articolo 13 del Trattato di Lisbona dice sì, che l’Unione e gli Stati membri devono tenere conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, ma “rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale”. Questa seconda parte dell’articolo è troppo spesso dimenticata anche in Italia: una dimenticanza da nulla, se non fosse che mina in modo grave la libertà e i diritti dell’Uomo!”.