Il tiro a segno, le scuole, l’ignoranza e il razzismo snob

Continua imperterrita la bagarre scatenata dal quotidiano La Stampa sulle affermazioni attribuite al senatore Giovanbattista Fazzolari (e peraltro smentite categoricamente) in merito all’idea di praticare il tiro a segno nelle scuole. La vicenda sta ormai assumendo contorni che vanno ben oltre il ridicolo e che, ormai, sconfinano abbondantemente nel surreale. Specialmente considerando i toni e i modi con i quali, per colpire (questo è il dato più evidente) il politico di primo piano di uno specifico schieramento, alla vigilia delle (ennesime) elezioni, in realtà si fanno affermazioni gravissime su uno sport che è uno dei fiori all’occhiello del Coni e delle discipline olimpiche. Dimostrando, peraltro, un razzismo che fa letteralmente a pugni con la pretesa (e presunta, ma meglio sarebbe dire millantata) “inclusività” sbandierata a destra e a manca (soprattutto a manca) da molti di coloro i quali oggi sparano a zero sul mondo del tiro.

Qualcuno si è anche azzardato a dire che Armi e Tiro è “accorsa in difesa” del senatore Fazzolari. Il senatore Fazzolari sembra grandicello, per aver bisogno della balia. Se lo riterrà opportuno, sarà lui stesso a difendersi, con i modi e nelle sedi che riterrà più opportune. Armi e Tiro difende, e da oltre trent’anni, il mondo delle discipline del tiro e il possesso legale delle armi. E lo fa a testa alta, perché se c’è uno sport del quale essere orgogliosi, questo è il Tiro a segno. Come il Tiro a volo, come il Tiro dinamico, come il Tiro a lunga distanza, come il Tiro ad avancarica e tutti gli altri. E lo fa ancor più a testa alta se si parla del tiro come attività formativa ed educativa per i giovani. Perché lo è.

Non si può, quindi, fare a meno di osservare come molti di coloro i quali oggi si stracciano le vesti alla sola idea che il tiro a segno entri a far parte del bagaglio culturale-sportivo degli studenti, ignorino che in realtà il Tiro a segno fa già parte, e da anni, delle attività sportive che possono rientrare nel programma formativo curriculare ed extra curriculare degli istituti scolastici e che rientrano tra le attività parte dei giochi studenteschi (ex giochi della gioventù). Abbiamo già ricordato, tra l’altro, che proprio pochi giorni fa la Federazione italiana Tiro a volo ha dato conto dei primi, incoraggianti, risultati della sperimentazione del progetto Care nelle scuole di primo e di secondo grado. Cosa della quale, ed è forse l’unica notizia positiva, finalmente sembra essersi accorta anche il quotidiano La Stampa, che oggi ha pubblicato una pagina esplicativa al riguardo. Meglio tardi che mai…

Fu, tra l’altro, il ministro dell’Istruzione del Pd Giuseppe Fioroni, nel 2007 (governo Prodi) a essere investito da una polemica di segno analogo a quella che investe oggi Fazzolari, per aver sciaguratamente incluso (ohibò) anche il tiro tra le attività “praticabili” dagli studenti. Il quale Fioroni, in questi giorni, ha così commentato: “Portare la polemica politica all’interno della comunità educante su temi come questi è sbagliato. Io ne fui oggetto nel 2007, Fazzolari ne è oggetto oggi. Tutti evitino di strumentalizzare politicamente vicende che afferiscono ai giochi sportivi studenteschi, alle discipline olimpiche, al Coni. Mi auguro che tutto questo finisca e che al più presto passino le elezioni così magari qualcuno si risparmierà la polemica”.

Nel 2018, ci fu un “ritorno di fiamma” di polemiche su questo argomento, perché un istituto scolastico veneto si era “permesso” di inserire il tiro tra le attività da far svolgere agli alunni. “Ovvove”, anche in quel caso avevano strepitato i soliti conformisti.

Peraltro, nelle affermazioni sguaiate di alcuni politici e personaggi di primo piano relative a “sabati fascisti” e “libro e moschetto”, evidentemente oltre a ignorare quanto già accade in Italia (ed è grave quando si parla di membri del Parlamento nazionale), si ignora anche quanto accade nei vicini Paesi europei, come la Francia o la Gran Bretagna, nei quali nessuno si sogna di mettere in discussione la pratica del tiro a segno a livello studentesco. I National schools shooting championships britannici, tra l’altro, coinvolgono i ragazzi fin dall’età di 11 anni. Ma è solo un piccolo esempio.

La vicenda in sé è semplicemente squallida e vergognosa, perché dimostra che tutto può essere “immolato” al cospetto della contrapposizione politica spicciola nel periodo pre-elettorale: la verità dei fatti, l’attività sportiva, i sacrifici di centinaia di atleti che hanno regalato, negli anni, medaglie importantissime all’Italia a livello olimpico e internazionale. Tutto può essere calpestato, vilipeso, nel nome dell’ideologia e con l’assoluto sprezzo del ridicolo. Già, perché coloro che strillano di una presunta “pericolosità” dello sport del Tiro a segno per i ragazzi, sanno benissimo che se andassero in giro a dire che insegnare la scherma nelle scuole è pericoloso perché poi i ragazzi andrebbero in giro a tagliare la testa alla gente, come novelli Highlander, li rinchiuderebbero in un manicomio o li seppellirebbero di pernacchie. Non a caso, lo stesso ex ministro Fioroni ha ripetuto in questi giorni lo stesso esempio che fece nel 2007, in piena bagarre benpensante: “risposi con una dichiarazione che vale anche oggi e che le ripeto: il tiro a segno è una delle 66 discipline olimpiche che dal 1968 costituiscono gli ambiti di gara dei Giochi Sportivi Studenteschi organizzati dal Coni insieme al ministero della Pubblica Istruzione; e istituiti per promuovere discipline e valori olimpici. Per la cronaca ne fa parte anche il tiro con l’arco senza che questo autorizzi a sostenere che la scuola addestri a fare la guerra tra indiani e cowboy”.

Il presidente della Fitav, Luciano Rossi (che è anche il nuovo presidente della federazione internazionale degli sport olimpici, la Issf), sulle pagine de La Stampa di oggi ha commentato: “Il nostro è uno sport sicurissimo e basato su una ferrea disciplina, che insegniamo ai giovani. Invito tutti a evitare reazioni umorali e a conoscere prima di giudicare”. 

Anche il presidente di Assoarmieri, Antonio Bana, è intervenuto sulla questione, sempre sul quotidiano La Stampa, sottolineando “il valore del tiro a volo per l’Italia: abbiamo un medagliere olimpionico da far paura. Sempre vincitori ad Atene, Pechino, Rio…”.

La conclusione qual è? Che ci sono politici e “intellettuali” nazionali che parlano per dare aria ai denti, senza avere la benché minima idea di ciò che accade nel nostro Paese e negli altri Paesi europei; che per costoro esistono attività sportive del Coni “giuste” e attività “sbagliate” e che, quindi, è “sbagliato” insegnare determinati sport ai ragazzi. Incoraggiarli a farsi le canne, depenalizzando le droghe leggere, è “giusto”. Ma non gli si faccia impugnare (o imbracciare? Mah) una pistola ad aria compressa, per carità di Dio! E secondo loro dovremmo anche stare zitti? Di fronte a questo sconcio? Ma pensassero piuttosto a vergognarsi, ammesso che ne siano capaci. 

In tutto questo, a oggi restano due grandi assenti dalla polemica: assenti, a dire il vero, ingiustificati. Stiamo parlando del presidente del Coni, Giovanni Malagò, ma soprattutto del presidente dell’Unione italiana Tiro a segno, Costantino Vespasiano. Come si diceva un tempo nelle sedute spiritiche, “se ci sei, batti un colpo”.