Il Pd vuole “vendicarsi” dei legali detentori?

Il Pd ribatte alla fantomatica “liberalizzazione” della Lega con un ddl che, se approvato, porterebbe all’estinzione del possesso di armi in Italia. Perché? Il Sole 24 ore dà conto di un disegno di legge, depositato lo scorso 4 aprile alla camera dei deputati, che se dovesse mai essere approvato nella sua attuale forma, comporterebbe prevedibilmente la fine della detenibilità delle armi in Italia. Secondo quanto riferito dal quotidiano economico (il testo del disegno di legge non è ancora disponibile sul sito della Camera), il primo firmatario Walter Verini e i co-firmatari (tra i quali si contano personaggi di spicco come Maurizio Martina e Debora Serracchiani), si propongono di “potenziare i controlli per la detenzione, il rilascio e il rinnovo del porto d’armi” con misure che appaiono, da quanto è al momento dato sapere, perlomeno sproporzionate e punitive rispetto al fine “ufficiale”. Tanto da apparire, in realtà, come una vera e propria “punizione” per i detentori legali di armi, che in un modo o nell’altro “devono” essere obbligati a rinunciare alle loro armi. Come si può raggiungere questo risultato? Semplice: passando, per esempio, dagli attuali 5 anni di validità delle certificazioni mediche per il porto d’armi per caccia o Tiro a volo (fino allo scorso 14 settembre erano 6…), a un solo anno, con rilascio del certificato in questione da parte di una “commissione medica”. Anche per i meri detentori sarà richiesta la presentazione di questo certificato con cadenza annuale, ma ovviamente non è sufficiente: poiché la bestia nera degli anti-armi è il Porto di fucile per Tiro a volo in sé, che sarebbe (cit.) un “trucco” utilizzato dai cittadini per armarsi, sarà necessario “dimostrare l’effettivo utilizzo per scopi sportivi” e consentirà la detenzione di tre sole armi sportive (contro le attuali 12, erano 6 fino al 14 settembre scorso).
Già così potrebbe bastare, pensando solo a quanto costi un certificato medico oggi. Ma ovviamente non basta, perché bisogna essere sicuri che un “normale” lavoratore dipendente o un “normale” operaio non possano detenere un’arma neanche per grazia ricevuta. Ecco perché si prevede l’istituzione di una tassa, aggiuntiva rispetto a quelle già presenti per il porto di fucile per caccia o difesa personale, di 200 euro all’anno. È abbastanza evidente che una proposta di questo genere abbia un “tempismo” piuttosto scontato rispetto alla riforma della legittima difesa e considerando il bailamme che si è scatenato nei giorni scorsi sulle proposte di cosiddetta liberalizzazione in materia di armi avanzate dalla Lega (e in particolare dalla deputata Vanessa Cattoi). E, probabilmente, il suo scopo è quello, nell’eventualità di una futura calendarizzazione dei progetti di legge presentati dal centro-destra, di riequilibrare la bilancia contrastando le spinte (ammesso che tali siano) a una eventuale deregulation.
Se da un lato non condividiamo ma possiamo comprendere il gioco della politica e le sue cosiddette regole, non possiamo pensare che per riequilibrare questa fantomatica bilancia, la politica possa “buttare lì” proposte che fanno a cazzotti non solo con la realtà quotidiana (non esiste, banalmente, un numero sufficiente di medici certificatori per un milione e rotti di rinnovi annuali…), ma anche con i diritti e le legittime aspirazioni dei cittadini legali detentori di armi. È, in ogni caso, ormai assodato che il Pd considera gli appassionati sportivi e cacciatori come una categoria da spremere se non eliminare del tutto. È questione tutta politica perché, evidentemente, questa vera e propria persecuzione avviene ai danni di cittadini che il Pd giudica elettori “già schierati” (anche in questo caso, sbagliando, basti pensare alle migliaia di iscritti all’Arci caccia…).
Pensando, in particolare, alla tassa “vessatoria” di 200 euro annui, è appena il caso di citare l’articolo 3 della nostra carta fondamentale, che al secondo comma dice: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Forse, è compito della Repubblica, ma non dei deputati Pd…