Il manifesto delle carni selvatiche nella ristorazione

Nel Palazzo della provincia di Bergamo è stato presentato il Manifesto delle carni selvatiche nella ristorazione, concretizzazione di un progetto della fondazione Una onlus

La carne di selvaggina è una scelta buona, sana e sostenibile: presenta meno grassi rispetto ad altre carni, ha un rapporto favorevole di acidi grassi Omega 3/6 e limita l’impatto ambientale, in particolare il consumo di terreno e di acqua, rispetto a quella prodotta allevamenti intensivi. Sulla base di tali considerazioni Fondazione Una (Uomo, Natura, Ambiente) ha scelto di avviare il progetto “Selvatici e buoni: una filiera alimentare da valorizzare”, progetto nato con l’obiettivo di creare una filiera riconosciuta e sostenibile delle carni selvatiche e che è stato realizzato per la prima volta sul territorio di Bergamo.

Il risultato più importante, comunicato nel corso di una conferenza svoltasi presso lo Spazio Viterbi del Palazzo della provincia di Bergamo, con il patrocinio della stessa Provincia e dell’Ats Bergamo, è rappresentato dalla condivisione di un “Manifesto delle carni selvatiche nella ristorazione”, attraverso il quale i ristoratori del territorio si sono impegnati a rispettare 10 principi chiave che mirano alla valorizzazione della scelta sana e sostenibile delle carni selvatiche. Il manifesto è stato redatto dall’università di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cn), capofila scientifico del progetto con il supporto della condotta Slowfood valli Orobiche.

Il percorso di “Selvatici e buoni” ha avuto inizio nel territorio bergamasco a settembre 2017 e nel corso del triennio ha visto la realizzazione delle seguenti azioni: sviluppo di percorsi formativi in grado di fornire al cacciatore tutte le informazioni tecniche e operative in merito al corretto trattamento della carcassa di grossa selvaggina prelevata durante l’attività venatoria; realizzazione di due workshop formativi dedicati ai ristoratori sulle modalità di preparazione delle pietanze a base di carni selvatiche e sulle caratteristiche organolettiche delle stesse; organizzazione di tre rassegne enogastronomiche “Selvatici e Buoni a tavola” con cene dedicate al progetto a Bergamo, in val Seriana e in val di Scalve; raccolta ed elaborazione di dati biometrici sottoposti ad analisi sanitarie per verificarne i valori nutrizionali; analisi sulla percezione della carne di selvaggina quale alternativa alla carne bovina in un gruppo di consumatori abituali di carne.

«Con “Selvatici e Buoni” abbiamo voluto dare un segnale di svolta sviluppando una filiera tracciata della selvaggina, valorizzando gli aspetti di sicurezza alimentare, tutela del patrimonio faunistico e rispetto dell’ambiente che stanno a cuore a Fondazione Una», ha commentato Maurizio Zipponi, presidente Fondazione Una, «il territorio di Bergamo ha fatto da pioniere; abbiamo infatti siglato un protocollo d’intesa con la regione Lombardia per esportare il modello in altre province lombarde. Oltre a rappresentare un passo avanti in tema di sostenibilità della filiera alimentare, “Selvatici e Buoni” ha certamente dato nuovo impulso al turismo enogastronomico locale, dando ai ristoratori la possibilità di differenziarsi attraverso l’apposizione di una specifica vetrofania legata all’adesione al progetto».

«Siamo orgogliosi di aver collaborato con Fondazione Una a Selvatici e buoni, dando il nostro contributo alla valorizzazione della filiera degli ungulati selvatici nel tentativo di cambiarne la percezione da parte del consumatore. In un’ottica di valorizzazione gastronomica, infatti, un maggior grado di consapevolezza delle proprietà nutrizionali e di sostenibilità della carne di selvaggina e l’utilizzo di preparazioni gastronomiche adeguate possono rappresentare le prime basi per migliorarne la percezione», ha aggiunto Silvio Barbero, vicepresidente università delle Scienze gastronomiche di Pollenzo.

Antonio Sorice, direttore dipartimento veterinario Ats e presidente Simevep, ha commentato: «Ho condiviso con entusiasmo sin dall’inizio ed ho seguito in tutte le sue tappe il progetto, e posso affermare che il servizio veterinario è stato orgoglioso di essere al fianco di diverse azioni formative volte a migliorare la conoscenza e la sicurezza alimentare delle carni selvatiche, un requisito di qualità che spesso si considera scontato ma che scontato non è; il controllo della filiera dal punto di vista sanitario è fondamentale perché se il cibo non è sicuro… non è cibo!».

Paolo Lanfranchi, dipartimento Medicina veterinaria università di Milano, ha aggiunto: «abbiamo contribuito al progetto attraverso l’attività di monitoraggio sanitario finalizzato ad assicurare al prodotto finale un elevato standard qualitativo».

Durante la conferenza stampa, moderata da Luca Pellicioli e con Roberto Viganò dello Studio AlpVet, sono intervenuti diversi rappresentanti locali del mondo venatorio (tra cui Michele Bornaghi presidente Fidc Bergamo), delle istituzioni, della filiera alimentare e della ristorazione tra i quali Pietro Bergamelli – comandante polizia provinciale Bergamo, Oscar Fusin, direttore Ascom Bergamo, Silvio Magni, fiduciario Condotta Slowfood Valli Orobiche e Maurizio Forchini di Promoserio).

Sulla base della sottoscrizione del manifesto delle carni selvatiche nella ristorazione il comitato scientifico di “Selvatici e Buoni” ha scelto di assegnare la vetrofania biennale a 10 ristoranti della provincia:

Ristorante “Chalet Engadina” (Vilminore di Scalve)

Osteria Bastioli (Vilminore di Scalve)

Ristorante “Peccati di Gola” (Vilminore di Scalve)

Locanda Blum In (Rovetta)

Trattoria enogastronomica Selva di Gelso (Clusone)

RistOrobie (Cusio)

Osteria al Gigianca (Bergamo)

Noi restaurant (Bergamo)

Hosteria del vapore (Chiuduno)

Puro cibo e vino (Ranica)

Tale riconoscimento permetterà di distinguere i ristoratori del territorio bergamasco in materia di competenze nella gestione delle carni selvatiche. L’operato dei ristoratori sarà supervisionato da Fondazione Una e università di Scienze gastronomiche di Pollenzo, e sarà coordinato a livello locale dalla condotta Slowfood valli orobiche.

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