Il duello presidenziale

Il futuro del controllo delle armi dei privati negli Stati Uniti visto dai due contendenti per le presidenziali dell’8 novembre / di Roberto Patrignani

Negli Stati Uniti le politiche di controllo delle armi in mano ai privati costituiscono uno di quegli argomenti chiave che possono spostare grandi parti dell’elettorato, tanto da influenzare in maniera non indifferente le possibilità di successo dei candidati alle elezioni presidenziali che siano storicamente pro, come i Repubblicani, o contro, cioè i Democratici. Un esempio per tutti: Al Gore nel 2000, sconfitto da George W. Bush, pur avendo ottenuto la maggioranza dei voti complessivi. Anche Barack Obama, molto sensibile su questo argomento, è stato decisamente cauto nel prendere posizioni durante la sua prima campagna elettorale e solo a fine del secondo mandato si è sbilanciato con azioni esecutive per controlli (anche background check) più stringenti e con una più marcata e aperta opposizione alla National rifle association. Ciononostante anche il suo doppio mandato si concluderà senza grosse novità in materia passando la “patata bollente” al successore. Anzi, Obama è stato soprannominato “il migliore venditore di armi al mondo” perché ogni volta che ha parlato della possibile introduzione di controlli le vendite delle armi sono aumentate in maniera esponenziale!

Tralasciando per humana pietas il fatto che gli Usa non siano stati in grado di proporre di meglio come canditati che il repubblicano Donald Trump e la democratica Hillary Clinton, l’ultimo confronto diretto che i due candidati hanno avuto il 19 ottobre alla University of Nevada (Las Vegas), anche su questo tema, non ha presentato sorprese o colpi bassi dell’ultimo momento. Hillary Clinton ha molto politicamente confermato che pur essendo sostenitrice del secondo emendamento anche per ragioni storiche americane, questo non vuole dire che non si “debba avere una ragionevole regolamentazione” e che “non tutti quelli che hanno armi in casa prendono le dovute precauzioni” dato che “ci sono 33.000 persone all’anno che muoiono per colpa delle armi da fuoco”. Non vi è stato su questo punto un attacco da parte di Trump, come si poteva prevedere, visto che dal 7 ottobre WikiLeaks ha cominciato a pubblicare e-mail dell’entourage della Clinton inerenti alla campagna elettorale ove si evince una chiara intenzione politica a un deciso giro di chiave tramite “ordini esecutivi presidenziali”. Tra le ipotesi previste, oltre a interventi sul trasferimento di armi nelle fiere: un background check universale, il rendere possibile perseguire legalmente i produttori di armi, il divieto di armi automatiche (assault weapon) e il divieto di acquisire un numero illimitato di munizioni. Tra l’altro già in altra occasione, il 16 ottobre, sempre la Clinton sembra (fonte Nra) abbia manifestato di considerare possibile il pensare a una politica di buy-back delle armi su modello australiano. Comunque nessun mutamento di idee in quanto la Clinton si è da sempre proposta per una limitazione delle armi circolanti in Usa: “togliete le armi dalle strade, tolleranza zero per le armi”(1996), “tenete le armi custodite a chiave e le munizioni in posto separato”(1999), “limitare l’accesso alle armi”(2000), eccetera. Di posizione opposta, invece, Trump che da sempre è stato un fervido sostenitore del secondo emendamento; tanto da essere il primo candidato ad avere avuto un pubblico appoggio da parte della National rifle association (Nra) che ha già investito ben 3 milioni di dollari in una campagna anti Clinton. Trump è sostenitore di un porto d’armi da difesa (concealed carry permit) valido in tutti gli Stati, come fosse la patente dell’auto. Ha dubbi sulle gun-free zone che secondo lui diventano così “poligoni per malati mentali” e sostiene che “non sono le armi a tirare il grilletto ma le persone; e che bisogna capirne il motivo, di certo il fatto che lo Stato chiuda ospedali e altre strutture sanitarie per risparmiare non aiuta”. Quindi nel dibattito ha ribadito di essere contro una politica di controllo stretto delle armi ribadendo che per esempio “a Chicago che ha le leggi più restrittive negli Stati Uniti,vi è più violenza con armi da fuoco che in tutte le altre…” (ben 603 alla data di stesura dell’articolo https://www.dnainfo.com/chicago/2016-chicago-murders). Le posizioni dei due candidati sono ben chiare e contrapposte ma più che preoccuparci della fine delle armi dei nostri cugini americani dobbiamo preoccuparci del fatto che comunque vada sarà uno di questi due personaggi ad avere sotto mano il grilletto più pericoloso di tutti; come diceva Peter Sellers nel dottor Stranamore: “l’ordigno fine del mondo”. (Roberto Patrignani)