Il controllo non è caccia!

Ecco il punto di vista del presidente di Urca Lombardia, Luigi Colli, analizza la recente sentenza della corte costituzionale e la proposta di soluzione per via legislativa della Conferenza Stato-regioni La sentenza della Corte costituzionale del 17 giugno che ha ridimensionato le possibilità di contrasto al proliferare incontrollato dei cinghiali varate dal consiglio regionale ligure ha messo in evidenza un vuoto legislativo che sicuramente penalizza ampi strati della società civile, non certamente i cacciatori. Il controllo della fauna selvatica è un processo complesso che prevede azioni dissuasive, quindi preventive, catture con gabbie e, solo come ultima ratio, l'utilizzo di azioni cruente.
Dove esistono protocolli d'intesa tra istituti pubblici di caccia e mondo agricolo, per esempio la montagna reggiana, i danni si sono drasticamente ridotti quando si sono applicati metodi ecologici di prevenzione: sostanzialmente l'utilizzo di recinti elettrificati posti in opera e mantenuti dal lavoro volontario dei cacciatori che evidentemente in questo caso possono, a norma di legge, faticare. In questi luoghi gli abbattimenti sono una rarità che viene riservata a casi particolari, laddove non si intravede alcuna altra soluzione. Posso assicurare, inoltre, che i cacciatori non amano per niente il controllo della fauna, in quanto si svolge in tempi diversi dal periodo venatorio e ogni capo abbattuto appare a tutti come sottratto alla caccia tradizionale.
La conferenza delle regioni presenta una proposta di modifica alla 157/92 (IN ALLEGATO) che potrebbe, se approvata in tempi brevi dal governo, risolvere il problema. Non voglio pensare ai danni ai vigneti, culture particolarmente pregiate, che si produrranno senza l'aiuto di quei volontari che, anche solo con la loro presenza sul territorio, dissuadono i branchi dall'avvicinarsi ai coltivi. Spero che le istituzioni siano pronte a risarcire i danni.
Data l'urgenza, è auspicabile che le regioni non organizzino corsi fiume per ľabilitazione a operatore abilitato al controllo, anzi si dovrebbe agire riconoscendo i corsi già effettuati come già avviene in alcune regioni, per esempio i cacciatori in possesso dell’abilitazione alla caccia collettiva del cinghiale dovrebbero poter partecipare a controlli svolti con la tecnica della girata, mentre gli abilitati alla caccia collettiva e al selecontrollo potrebbero occuparsi di tutti le forme di controllo. Per ottemperare agli obblighi previsti dalla proposta di modifica, sarebbe opportuno organizzare un incontro/corso tra cacciatori e responsabili della vigilanza per chiarire lo status legale del controllo e per imparare a interpretare correttamente le regole contenute negli atti che autorizzano il controllo, non sempre di facile interpretazione.
Altro punto dolente, assolutamente da normare, è il recupero degli animali feriti. Se un animale viene coinvolto in un incidente stradale e rimane ferito un lunedì sera, il recuperatore autorizzato potrà terminare la sofferenza dell'animale solo il mercoledì mattina perché il martedì, giorno di silenzio venatorio, gli è impedito l'uso dell’arma. Ritengo che l'azione debba essere considerata come un’azione di controllo, quindi effettuabile tutti i giorni utilizzando il mezzo migliore a discrezione del conduttore del cane da traccia, allo scopo di terminare il più velocemente possibile l'agonia dell' animale. In alcuni Paesi è permesso al recuperatore l'uso della pistola a sottolineare la natura di un atto di pietà che avviene a pochi centimetri da un animale agonizzante. (Luigi Colli, presidente di Urca Lombardia)