Fal Bm 59, quando il Garand divenne automatico

Nel secondo dopoguerra, un'intelligente rielaborazione del già eccellente Garand portò Beretta alla realizzazione di un esemplare automatico di moderna concezione

Negli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale, l’arma più diffusa tra gli eserciti europei era senza dubbio il Garand.
La potenza industriale statunitense aveva consentito di produrne alcuni milioni di esemplari in pochi anni che, dopo la conclusione delle ostilità, risultavano grandemente eccessivi per le necessità di un esercito in condizioni “di pace”.
Si trattava, tra l’altro, di un eccellente fucile semiautomatico, uno dei pochi veramente funzionali realizzati prima della fine del secondo conflitto mondiale, logico quindi volerlo considerare quale “arma base” della nascente Alleanza atlantica.
La lezione data al mondo dai tedeschi con il fucile d’assalto camerato per la cosiddetta “cartuccia intermedia” non poteva, però, essere dimenticata, quindi un po’ dappertutto si moltiplicarono gli sforzi tesi a trovare una nuova cartuccia standard per l’esercito, di ingombro e peso inferiore rispetto alle cartucce per fucile delle guerre passate.
Gli statunitensi un po’ storpiarono questo concetto, perché alla ricerca di un contenimento, è vero, di pesi e ingombri, ma senza rinunciare alla potenza della cara, vecchia, .30- 06.
Il resto, come si dice, è storia: messa a punto la cartuccia, che sarà battezzata 7,62 Nato, è stato un attimo vederla imposta come standard del Patto atlantico, grazie all’indubbio peso politico e strategico degli Usa e malgrado altri eccellenti progetti (in primis la .280/30 inglese).
Lo scopo di questa cartuccia era chiaro: consentire la progettazione, e costruzione, di un fucile per la fanteria con caricatore amovibile ad alta capacità (20 colpi almeno) e possibilità di tiro a raffica, relativamente leggero e controllabile.

Assunto come punto fermo la cartuccia, ogni Paese aveva più o meno la possibilità di “inventarsi” il fucile che voleva.
L’Italia, seppur in pieno boom economico, restava un Paese relativamente povero, soprattutto per quanto riguardava i bilanci della difesa. L’esercito era armato con un guazzabuglio di armi di provenienza “ex”: ex regio esercito (fucili e moschetti 1891), ex royal army (Enfield), ex yankee (carabine Winchester M1 e, ovviamente, Garand). Il fucile tecnicamente più moderno era proprio il Garand, adottato nel 1951 e ricevuto in decine di migliaia di esemplari dagli Usa.
Dalla metà degli anni Cinquanta, anche le nostrane Breda e Beretta si attrezzarono per fabbricarlo ed erano proprio nel pieno della produzione quando si pose il problema del “dopo”.
La soluzione era a portata di mano e i progettisti Beretta, capitanati da Domenico Salza e Vittorio Valle, ebbero l’intuito e la fantasia per coglierla: aggiornare l’eccellente progetto del Garand per trasformarlo in un fucile automatico leggero di moderna concezione, mantenendo la più elevata compatibilità possibile delle parti. Il brillante risultato è stato battezzato Bm 59 e adottato a partire dal 1960 dall’esercito italiano.
Il Fal Bm 59 è risultato perfettamente adeguato alle aspettative: rustico, affidabile, relativamente leggero, soprattutto economico, perché ricavabile dal Garand con poche, semplici operazioni Tutto parte dalla culatta, fresata nella parte inferiore facendo piazza pulita delle guide per l’elevatore e ricavando lo spazio per il caricatore amovibile.
Nella parte anteriore, proprio sotto la camera di scoppio, i fori destinati al passaggio del perno fulcro dell’elevatore sono stati allargati per consentire il fissaggio di uno zoccolo prismatico, che svolge tre funzioni fondamentali: guida di alimentazione per le cartucce (il 7,62 Nato è ben più corto del .30-06, non dimentichiamolo), supporto per il ritegno anteriore del serbatoio e supporto per l’asta guidamolla. Quest’ultima è molto diversa da quella del Garand, in quanto è un tubetto cavo che contrasta con l’estremità posteriore della molla di recupero, nel quale si inserisce un altro corto guidamolla appoggiato all’estremità anteriore della molla medesima. Quando la molla va in compressione, i due elementi si inseriscono l’uno nell’altro, garantendo la massima assialità a tutto il movimento.
La molla di recupero è sempre contenuta all’interno dell’asta di armamento, pari pari quella del Garand, solo leggermente accorciata. L’asta di armamento è parte contenuta all’interno della calciatura e parte all’interno del cilindro di presa gas, ma per circa due centimetri scorre “all’aperto”.
Questo è, a nostro avviso, l’unico difetto progettuale del Bm 59, che lascia un elemento critico alla portata di sabbia, fango e altra sporcizia. Vero è che anche il pistone del Garand è lasciato “a vista” nella parte inferiore del copricanna anteriore, ma almeno su tre lati è coperto.
Anche la canna è più corta rispetto a quella del Garand: pur potendo essere in teoria ricavata da una originale si è preferito realizzarla ex novo, anche probabilmente per essere sicuri di avere un parco armi con una certa omogeneità in fatto di precisione.
L’asta di armamento è collegata all’aletta destra dell’otturatore e, arretrando per effetto della spinta dei gas spillati dalla canna allo sparo, grazie a un gioco di piani inclinati costringe prima l’otturatore a ruotare in senso antiorario, disimpegnando le alette dai recessi nella culatta, poi lo trascina all’indietro, realizzando estrazione ed espulsione.
La distensione della molla di recupero riporta il complesso in avanti, una cartuccia viene prelevata dal caricatore e inserita in canna, ripristinando il bloccaggio nell’ultimo tratto di corsa. Per garantire lunga vita al sistema, la porzione di canna in corrispondenza del foro di presa gas è cromata esternamente, mentre il cilindro del gas è realizzato in acciaio inossidabile (come già era quello del Garand, con grande anticipo sui tempi). La differenza più significativa è che il gruppo presa gas incorpora una valvola, comandata da un complesso fodero in lamiera stampata appoggiato sopra alla canna, capace sollevandosi di chiudere il foro di presa gas e trasformare, così, l’arma da semiautomatica (o automatica) a ripetizione ordinaria. Lo scopo è quello di evitare danni al sistema di recupero gas e di sfruttare tutta la carica di lancio della cartuccia (speciale, senza palla e con il colletto chiuso a rosetta) per la propulsione di granate anticarro. A tale scopo, sull’ultimo tratto di canna è avvitato un lungo e aggressivo tromboncino per l’innesto del codolo della bomba, che funge anche da freno di bocca e compensatore. Ultimo ma non meno interessante, sul compensatore è fissato anche l’attacco per la baionetta. Sui primi prototipi di Bm 59 e sui modelli concepiti per l’esportazione si era pensato di applicare la baionetta M1 del Garand, sul modello definitivo adottato in Italia si è preferito applicare la baionetta della carabina Winchester M1, modificata nell’anello sulla crociera. Il fodero in lamiera stampata della valvola di esclusione del gas supporta anche una piastrina sfilabile con i riferimenti da 50 a 100 metri per il tiro a puntamento diretto per le granate anticarro Energa. Con l’adozione, negli anni Sessanta, della bomba Super Energa, fu realizzata una piastrina differente (in dotazione a ciascun ordigno), ma dalla fabbrica il fucile continuò a uscire con la piastrina “tarata” per la Energa.
Per il tiro indiretto (per colpire con granate antiuomo i bersagli defilati, per esempio), sul lato sinistro della valvola è presente un bocchettone, sul quale si innesta a baionetta una speciale linea di mira graduata.
Il caricatore è bifilare, a presentazione alternata, della capacità di 20 colpi, trattenuto da un dente anteriore e una leva a bilanciere posteriore, incernierata al pacchetto di scatto. Esaurito l’ultimo colpo, l’elevatore aziona la leva dell’hold open sul lato sinistro dell’azione, che nell’originale Garand serviva per trattenere la piastrina di otto colpi. La leva può essere azionata verso l’interno, per sbloccare l’otturatore dopo il cambio caricatore, o verso l’esterno, per bloccare manualmente in apertura l’otturatore, se si necessita di ispezionare la canna o per introdurre la cartuccia manualmente in assenza del caricatore.
Il bipiede è in alluminio, incernierato al cilindro di presa gas e pieghevole lungo i lati del calcio. Due piccoli scassi nel legno impediscono movimenti indesiderati quando le gambe sono ripiegate. Bisogna riconoscere che non è il massimo della stabilità, ma è comunque un ausilio valido, soprattutto nel tiro a raffica da terra.
L’aspetto più interessante è come si sia riusciti a far sparare a raffica un Garand: la soluzione è davvero semplice, efficace e resistente, anche se bisogna riconoscere che non è proprio tutta “farina del sacco” dei progettisti Beretta.

L’organizzazione meccanica per la modalità full auto, infatti, riprende quasi in toto quella di un grande classico della seconda guerra mondiale, la carabina Winchester M2, versione a tiro selettivo della M1 Carbine.
Il pacchetto di scatto del Garand è costituito da due denti di scatto contrapposti: uno solidale al grilletto, l’altro a esso incernierato, ma con un certo grado di libertà. Il cane ha, quindi, due propaggini contrapposte, una che si aggancia al dente di scatto sul grilletto e l’altra che si aggancia al contro-dente di scatto. Quest’ultimo è leggermente più in basso rispetto al dente del grilletto.
Quando si fa partire il colpo, la pressione sul grilletto causa il disimpegno del dente di scatto dal cane, che viene spinto dalla propria molla e colpisce il percussore. Il successivo arretramento dell’otturatore arma nuovamente il cane, che però non può agganciarsi sul dente di scatto del grilletto (è ancora premuto, è passata solo una frazione di secondo), ma si aggancia sul contro-dente di scatto.
Al rilascio del grilletto, il contro-dente di scatto si allontana e sgancia il cane, che viene intercettato dal dente di scatto principale. Insomma, il gioco tra dente di scatto e contro-dente serve da disconnettore, per evitare il tiro a raffica. Lo stesso sistema è adottato da molti fucili a canna liscia semiautomatici.
Per consentire il tiro a raffica, il controdente di scatto è stato sostituito con un altro, dotato di una vistosa aletta che sporge sul lato destro. Sullo stesso lato dell’azione, invece, è imperniata una lunga leva a bilanciere, che una molla a spirale mantiene con l’estremità anteriore solle vata.
In pratica, quando l’asta di armamento torna in posizione avanzata, con la chiusura dell’otturatore, costringe l’estremità anteriore dell’asta a bilanciere ad abbassarsi. Di conseguenza, l’estremità posteriore si solleva e urta contro l’aletta del contro-dente di scatto, obbligandolo a sganciare il cane che fa partire un altro colpo, finché il grilletto resta premuto.
L’intelligenza del sistema è evidente, perché con pochi componenti si è riusciti ad avere la sicurezza che il cane si sganci solo quando l’otturatore è in perfetta chiusura.

Per il tiro a colpo singolo, è sufficiente ruotare il selettore posto sul lato sinistro: la levetta è solidale a un perno che spinge fisicamente in giù l’asta a bilanciere di comando raffica, escludendone il funzionamento. A quel punto, il gruppo di scatto continua a funzionare come quello di un normalissimo Garand. Anche nella Winchester M2 c’è la lunga asta a bilanciere di comando raffica e il selettore sul lato opposto, solo che l’asta è sottodimensionata e spesso accade che si pieghi, riducendo alla fine l’arma alla sola modalità semiauto. Lo spessore e la robustezza dell’asta comando raffica del Fal sono, invece, a tutta prova.
Un altro aggiornamento subito dal pacchetto di scatto è stata l’aggiunta del grilletto invernale, sotto forma di una lunga leva pieghevole che in posizione di riposo giace lungo il fianco destro del ponticello. Con la semplice pressione di un dito si può ribaltare in posizione di utilizzo e viceversa, oltre a consentire l’impiego dell’arma con gli spessi guanti invernali è utile per evitare danni alle dita contro il ponticello del grilletto se si sparano le granate da fucile, dato il forte rinculo.
La parte più tradizionale dell’arma, se così si può dire, sono gli organi di mira, apparentemente immutati rispetto al Garand. Il mirino è a lama protetto da due alette, innestato a coda di rondine sul cilindro di presa gas. In realtà, misurando la larghezza del mirino, ci si rende conto che è più sottile di quello del Garand (infatti è marcato espressamente sul fianco “Bm 59”), probabilmente per mantenere lo stesso rapporto prospettico nei confronti della diottra visto che risulta più arretrato rispetto al Garand.
La diottra è, invece, proprio la stessa, ma il tamburo di regolazione dell’elevazione è tarato da 100 a 800 metri, anziché da 100 a 1.200 yard.

Per la prova a fuoco siamo stati ospitati gentilmente dalla Beretta e abbiamo avuto la possibilità di testare un esemplare da fanteria sia nel tiro mirato a colpo singolo in appoggio anteriore, alla distanza di 100 metri, sia nel tiro all’imbracciata a raffiche alla distanza di 50 metri.
Per i test di sparo avevamo a disposizione munizioni Fiocchi commerciali con palla da caccia 165 grs Sierra Gameking.
Può sembrare incongruo a prima vista, ma il nostro intendimento era quello di verificare l’affidabilità dell’arma con profili di palla un po’ più “difficili” rispetto al solito Fmj militare.
Il primo feeling con l’arma è di assoluta soggezione: il peso è corposo, l’aspetto “cattivo”, si sente che c’è sostanza.
Il sistema di aggancio del caricatore è un’altra innovazione: come accade per molte armi del genere (Ak 47 in testa), il serbatoio ha un dente anteriore che aggancia su una basetta e un dente posteriore sul quale aggancia il bilanciere di ritegno.
Nelle armi con questo sistema, la regola è appoggiare il lato anteriore del caricatore fino ad appoggiare il dente sull’aggancio nel fusto, quindi ruotarlo all’indietro fino a far scattare il bilanciere posteriore. Il punto è che nelle fasi di concitazione della battaglia può non essere così facile far combaciare i denti anteriori (quello sul caricatore e quello nel fusto), perdendo secondi vitali. Il culmine della demenzialità si raggiunge con l’M14 americano, che nel fusto ha un vero e proprio uncino che deve inserirsi all’interno di un forellino nel caricatore. Hai voglia a trovarlo quando ti sparano sopra la testa!
Beretta ha risolto il problema alla radice, provvedendo un dente anteriore articolato ed elastico, grazie a una opportuna molla. Il risultato? Basta “buttare” il caricatore nel proprio alloggiamento, non importa se aggancia prima il dente anteriore o quello posteriore, si avrà sempre la certezza di un inserimento corretto.
Due sporgenze ricavate nello scatolato del caricatore impediscono un inserimento troppo in profondità, dettato dalla foga del combattimento

Mettiamo il colpo in canna, l’otturatore scorre come sul velluto e va in chiusura. L’arma è pronta. Regoliamo il selettore su tiro semiautomatico (“S”), ci appoggiamo sul rest anteriore e lasciamo partire il colpo: “Bang!”.
Le reazioni allo sparo sono molto più morbide di quanto ci aspettassimo e il rilevamento è modesto, il compensatore-freno di bocca lavora egregiamente.
Galvanizzati, spariamo qualche altro colpo e andiamo a recuperare il bersaglio. La rosata di tre colpi misura 25 mm, un risultato che, con munizioni commerciali, a volte si fa fatica a ottenere con carabine bolt-action.
Riempiamo il caricatore con venti colpi e ci portiamo a 50 metri, in piedi, senza appoggio. C’è la cinghia d’ordinanza, intorno alla quale avvolgiamo saldamente il braccio sinistro. Selettore su “A”, digrignamo involontariamente i denti e lasciamo partire la prima raffica. Il risultato è ancora una volta sorprendente: certo, i “salti” dopo ogni colpo ci sono, ma siamo ben lontani dalla belva indomabile che ci aspettavamo.
Con un po’ di confidenza e qualche caricatore di “riscaldamento”, ci accorgiamo di essere in grado di mantenere l’allineamento anche con raffiche di quattro o cinque colpi di seguito. Serie più lunghe, ovviamente, portano a una dispersione eccessiva e incontrollabile.
Inutile dire che l’alimentazione è impeccabile e non si è verificato alcun inceppamento, neppure quando la canna era ormai rovente.
L’unico limite evidente è dato dal peso, non tanto dell’arma in sé quanto del caricatore pieno di cartucce: la differenza nei confronti del 5,56 mm è sensibile. Ma è eloquente anche l’espressione sulla faccia degli astanti quando sentono “cantare” il vecchio leone Bm 59, e ci accorgiamo di non poter dare davvero tutti i torti agli americani, per aver riscoperto e apprezzato il 7,62 mm in Iraq e Afghanistan.

​L'articolo completo è stato pubblicato su Armi e Tiro – febbraio 2009
Produttore: Beretta spa – via Pietro Beretta 18, 25063 Gardone Val Trompia (Bs), tel. 030.83.411, fax 030.83.41.399, www.beretta.com

Modello: Bm 59

Tipo: fucile automatico leggero

Calibro: 7,62×51 mm Nato

Funzionamento: a recupero di gas con pistone a corsa lunga e otturatore rotante

Cadenza di tiro: 750 colpi al minuto

Lunghezza canna: 490 mm

Lunghezza totale: 1.095 mm

Alimentazione: caricatore amovibile bifilare a presentazione alternata, rifornibile anche con piastrine tipo Mauser di 5 colpi

Numero colpi: 20

Scatto: diretto

Percussione: cane interno

Sicure: manuale a leva sul ponticello, automatica all’otturatore impedisce lo sparo in caso di imperfetta chiusura

Mire: mirino a lama innestato a coda di rondine e protetto da alette, diottra regolabile micrometricamente in elevazione da 100 a 800 metri e in derivazione, protetta da alette

Peso: 4.700 grammi

Materiali: acciaio al carbonio; cilindro presa gas in acciaio inox; bipiede in alluminio; calciatura in noce o faggio, calciolo in gomma dura

Finiture: fosfatazione grigia opaca, bipiede verniciato nero