Dinieghi pretestuosi al porto d’armi: Dlpa scrive alla Corte dei conti

L’inefficienza della pubblica amministrazione ha un costo per i cittadini, questo è un fatto ed è noto a tutti. L’associazione Difesa dei legali possessori di armi ha focalizzato la propria attenzione, tuttavia, su uno specifico danno per le casse dello Stato (quindi, di riflesso, per le nostre tasche di contribuenti), che è quello rappresentato dalla mole, tutt’altro che indifferente oggi come oggi, di ricorsi persi al Tar da parte del ministero dell’Interno (o meglio, dalle singole questure) per aver negato il rilascio o il rinnovo dei porti d’arma a numerosi cittadini, senza adeguate valutazioni e motivazioni, puntualmente sconfessate in giudizio.

L’associazione ha stilato una tabella con tutti gli estremi delle sentenze che hanno visto la soccombenza del ministero dell’Interno tra il 2020 e il 2023, dalla quale si evince che l’ammontare complessivo delle condanne al pagamento delle spese processuali è di 152.869 euro, senza contare gli oneri di legge (cassa forense eccetera). “Le circostanze per i quali il Ministero dell’Interno è stato condannato all’annullamento del diniego emesso in materia di armi ed al pagamento delle spese sono riconducibili ad un generalizzato difetto istruttorio”, hanno dichiarato i fautori di questa iniziativa, il presidente dell’associazione Andrea Revel Nutini e Pier Luigi Gemini, che ha collaborato alla compilazione, “fatti risalenti, non corroborati da condanne passate in giudicato, non possono essere assunti a motivazione per un diniego. Un fatto di dieci anni fa non ha alcun valore, l’istruttoria si deve basare su fatti recenti ed immediatamente riscontrabili. Altro principio fissato dai giudici è la rinnovazione dell’esame istruttorio, principio tanto semplice quanto disatteso: se si è avuto un diniego risalente nel tempo, alla nuova istanza di una qualsiasi licenza in materia di armi, dovrà avviarsi una nuova istruttoria. Non potrà essere usata in nessun modo la vecchia istruttoria. Teniamo anche presente che le cifre stabilite dal tribunale per il pagamento delle spese processuali da parte dell’amministrazione soccombente sono “forfettarie”, ma le spese reali sostenute dal cittadino, in realtà, sono anche oltre cinque volte superiori rispetto al risarcimento disposto”.