Denunciati a Carnevale per le sciabole: ha senso?

Quattro turisti tedeschi denunciati perché hanno completato il loro costume napoleonico con vere sciabole. L’ennesimo segnale di una normativa ormai obsoleta che andrebbe ripensata Quattro turisti tedeschi (sotto) sono diventati famosi loro malgrado, perché accompagnati in questura e denunciati per porto abusivo di armi. Hanno avuto, infatti, la malaugurata idea di partecipare al carnevale di Venezia vestiti da soldati dell’epoca napoleonica, con autentiche sciabole al fianco. Le quali nel loro Paese d’origine sono pezzi di ferro normalissimi, ma in Italia no. In Italia, infatti, vige ancora la normativa risalente al 1931 (Tulps) secondo la quale sono considerate “armi” non solo quelle da fuoco, ma anche tutte le altre “la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona”. Per le armi bianche, come le sciabole o le lance o le alabarde, tra l’altro non è prevista una autorizzazione di porto d’armi, quindi il loro porto non è mai consentito.
La vicenda è quantomeno grottesca se si esaminano con attenzione i singoli elementi che la compongono: da un lato, per esempio, abbiamo uno spazio Schengen che consente la libera circolazione delle persone e delle cose all’interno dell’Unione europea; dall’altro, però, la normativa in materia di armi è ancora molto diversa tra i singoli Stati, portando a rischi potenziali per i turisti che si spostino all’interno di più Stati dell’Unione. Per esempio, appunto, una sciabola napoleonica è di libera vendita in Francia e Germania, mentre è assimilata in tutto e per tutto a una pistola in Italia. Ci sono spray antiaggressione del tutto liberi in un Paese e vietati in un altro.
Per quanto riguarda lo specifico della realtà italiana, senza andare oltre (ex) frontiera, sono fatti come quello accaduto ai quattro turisti del carnevale di Venezia a evidenziare le contraddizioni profonde di una normativa ormai vetusta e non al passo con i tempi, che costringe le autorità di pubblica sicurezza a produrre tonnellate di scartoffie per la gestione di collezioni e raccolte di armi bianche che non presentano, francamente, alcun rischio specifico per la sicurezza pubblica (qualcuno ha notizia, dal 1945 a oggi, di banche rapinate a colpi di sciabola da cavalleria? Magari al grido di “Savoia”?). Per contro, con oggetti di utilizzo comune, del tutto svincolati da qualsiasi normativa regolante l’acquisto e il possesso, si commettono atti criminali con esiti mortali: è il caso, per esempio, della vera e propria mattanza compiuta nel 2013 da Adam Kabobo, che a Milano con un “semplice” piccone ha ucciso tre malcapitati passanti.
La soluzione in realtà ci sarebbe, per snellire gli oneri burocratici degli uffici di Ps, evitare alle persone oneste di finire sotto processo per crimini grotteschi e nello stesso tempo tutelare la pubblica incolumità: ed è rappresentata dalla possibilità di assimilare le armi bianche agli strumenti atti a offendere, come coltelli, forbici eccetera, che secondo l’attuale normativa (art. 4 legge 110/75) necessitano di un giustificato motivo per il porto, mentre non richiedono alcun adempimento di Ps per l’acquisto e la detenzione. E d’altro canto, quale differenza c’è in termini di pericolosità tra un machete per il giardinaggio (di libera vendita) e una sciabola arrugginita e spuntata (necessita di porto d’armi per l’acquisto e non può essere portata in giro neanche avendo il porto d’armi).