“Custodi della biodiversità”: cinque punti per il settore agricolo-faunistico

Un convegno promosso da Agrivenatoria biodiversitalia, Coldiretti, Federparchi e Fondazione Una alla presenza del ministro Lollobrigida. Cinque punti per rilanciare le aziende faunistiche in Italia

Da sinistra, Giampiero Sammuri (Federparchi), Ettore Prandini (Coldiretti), Maurizio Zipponi (Fondazione Una) e Niccolò Sacchetti (Agrivenatoria biodiversitalia).

Lo sviluppo di una filiera delle carni, ma anche lo sfruttamento dei frutti spontanei del bosco, la promozione del turismo venatorio, la prevenzione per gli incendi e il riconoscimento delle attività faunistico-venatorie al pari di quelle agricole. Queste le principali tematiche discusse nel corso del convegno “Custodi della biodiversità” presentato a Roma, a palazzo Rospigliosi, da Agrivenatoria biodiversitalia, Coldiretti, Federparchi e Fondazione Una alla presenza del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.

L’obiettivo è quello di definire una nuova posizione per le Aziende faunistico venatorie e le Aziende agrituristico venatorie in Italia, attraverso proposte di aggiornamento delle normative che regolano il settore per agire in maniera coordinata sulle cause che stanno portando alla riduzione della biodiversità e alla ridotta produttività delle attività faunistiche.

Durante l’evento, il presidente di AB, Niccolò Sacchetti, ha esposto al ministro i cinque temi fondamentali, approfonditi con il documento di lavoro sottoscritto anche dagli altri presidenti, riguardanti le questioni cruciali per la sopravvivenza del settore agricolo-faunistico, come:

  1. La qualificazione delle aziende faunistiche in coerenza con l’ordinamento europeo, attraverso il loro riconoscimento al pari delle attività agricole ai fini del mantenimento degli ecosistemi, della fauna e della flora selvatiche e dei servizi offerti con i piani di prelievo autorizzati.
  2. La gestione della raccolta dei frutti spontanei (tartufi, funghi) all’interno delle aziende faunistiche, attraverso l’attribuzione ai titolari di queste ultime dei diritti e degli obblighi di gestione, cura e controllo imposti dalla normativa a un imprenditore agricolo.
  3. La creazione di una normativa nazionale per la filiera delle carni di selvaggina, al fine di tutelare, sia da un punto di vista commerciale sia gastronomico, il legame che queste carni hanno con le tradizioni alimentari regionali e nazionali, oltre a creare economia e generare lavoro, soprattutto nelle aree rurali.
  4. Favorire la fruizione dei servizi offerti dagli istituti faunistici italiani anche attraverso lo sviluppo del turismo venatorio proveniente da altri Paesi.
  5. La necessità di predisporre l’automatismo dei rinnovi delle concessioni per i titolari delle aziende faunistiche, al fine di garantire continuità operativa e una gestione più lungimirante del patrimonio faunistico e ambientale.

«Le aziende faunistiche sono una componente strategica per tutelare la biodiversità dei territori creando al tempo stesso opportunità di sviluppo e di reddito all’interno delle filiere e contribuendo a controllare l’espansione incontrollata della fauna selvatica che tanti danni causa all’ambiente e all’uomo», ha commentato il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini.

«La creazione di una normativa nazionale che armonizzi gli attuali regimi regionali di gestione della filiera delle carni di selvaggina», ha aggiunto il presidente di Fondazione Una, Maurizio Zipponi, «permetterebbe alle aziende venatorie di generare economia e reddito nella piena salvaguardia della salute pubblica, grazie ai sistemi di tracciabilità e i controlli di carattere igienico-sanitari».