Con questa Italia…

Il disegno di legge Amato “Revisione delle norme in materia di porto e detenzione di armi, di accertamento dei requisiti psicofisici dei detentori, nonché in materia di custodia di armi, munizioni ed esplosivi”, presentato dal governo il 4 gennaio, il 14 gennaio scorso è stato assegnato alla I commissione affari costituzionali della camera dei deputati con il numero 3.327. C’è una piccola, “simpatica” novità: l’articolo 7 demanda a un decreto del ministro dell’Interno… Il disegno di legge Amato “Revisione delle norme in materia di porto e detenzione di armi, di accertamento dei requisiti psicofisici dei detentori, nonché in materia di custodia di armi, munizioni ed esplosivi”, presentato dal governo il 4 gennaio, il 14 gennaio scorso è stato assegnato alla I commissione affari costituzionali della camera dei deputati con il numero 3.327. C’è una piccola, “simpatica” novità: l’articolo 7 demanda a un decreto del ministro dell’Interno, di concerto con i ministri della Giustizia e della Difesa, l’ individuazione delle categorie di persone che, essendo particolarmente esposte a rischio in ragione dell’attività svolta, hanno titolo alla licenza del Porto d’armi, sottraendone il rilascio alla discrezionalità del questore. La “casta”, insomma, si autotutela e continua ad assegnarsi privilegi: ai cittadini sempre meno Porto d’armi, però quasi certamente si estenderanno le categorie di coloro che possono portare armi senza licenza. I giorni in cui andiamo in stampa saranno forse decisivi per il governo e, al centro del dibattito, c’è proprio la questione giustizia. È notte fonda per il Paese. Quindi, non so definire una prognosi per il progetto di legge 3.327. Considerando i tempi e le numerose emergenze, l’opera di revisione in materia di armi attraverso il disegno di legge Amato si dimostra tanto più velleitaria. Dichiarando di non incidere sulla spesa dello Stato, poi, in qualche modo confessa la propria impossibilità di successo. In un Paese che fa acqua da tutte le parti sembra assurdo, anzi è assurdo, che i poteri interdittivi della pubblica amministrazione siano ulteriormente amplificati. Secondo il disegno di “restituire tranquillità alla società” con modalità erronee. Le leggi in materia di armi ci sono, sono adeguate e offrono già sufficiente tranquillità alla società. Non posso dire lo stesso per la pubblica amministrazione o per le forze dell’ordine. Per gli enti di controllo. È, su questi, semmai che bisognerebbe intervenire, che bisognerebbe investire, in mezzi ed efficienza soprattutto, per garantire complessivamente un servizio più accurato e utile alla collettività. Non sono tra coloro che pensano che tutto debba sempre essere lasciato così come è, anzi. Forse le leggi sulle armi avrebbero bisogno di una revisione e di una semplificazione. Ma quale semplificazione si può attuare in un Paese in queste misere condizioni? Inutile che spieghi, vero? Pensate soltanto alla “semplificazione” che ha cancellato l’Uits: è grave comunque, anche se, come tutti ci auguriamo, si risolverà bene. È indice di trascuratezza, di interesse minimo nei confronti di un ente che ha la sue colpe (e sarebbe opportuno le riconoscesse), ma è decisamente utile, dal punto di vista tecnico, storico, morale. Resto convinto che una saggia revisione delle norme in materia di armi in primo luogo dovrebbe investire un parlamento bene informato, senza preconcetti. C’è ancora molta strada da fare e l’attuale bipartitismo non lascia spazio all’ obiettività e alle scelte serene. Lascio le conclusioni più tecniche al nostro consulente legale, avvocato Gabriele Bordoni. “Ci si è limitati a un affastellamento di concetti, senza organicità né coordinamento, capaci soltanto di rendere più incerto l’avvenire e meno chiaramente orientato il comportamento degli utenti, sempre più proni al cospetto di uno Stato-apparato invasivo, macchinoso e incapace di risolvere la sostanza dei problemi, limitandosi all’apparenza e indulgendo all’arbitrio. La vigilanza su una materia ontologicamente delicata non aumenta di qualità imponendo balzelli agli utenti, ma dettando norme di facile lettura, armoniche e bilanciate, tassative nei precetti ed espresse nelle finalità. La metodica utilizzata, invece, rivela l’opzione antagonista, capace senza dubbio di fiaccare anche i più decisi e di limitare la libertà dei cittadini (non possiamo dire se in maniera mirata o accidentale), quanto debole nell’offrire loro strumenti di orientamento e di sicurezza, così che anche i pochi spunti interessanti restano affogati e dispersi nelle pieghe della ridondante legislazione in materia, presentandosi come scarsamente capaci di incidere positivamente rispetto alle legittime aspettative degli interessati. “No, la proposta di riforma, fatta in questo modo, non ci piace, perché non reca nessuna sicurezza in più per la gente: forse, quando si parla e si gongola di concertazione e di scelte condivise, si dovrebbe cercare di coinvolgere i tecnici dei settori sui quali si vuole intervenire e di raccogliere i loro spunti. Nel cassetto di tanti esperti vi sono progetti di riforma completi, armoniosi e organici, che attendono soltanto di essere discussi, corretti e applicati. Noi consigliamo al ministro di farseli inviare, leggerli e meditarli, confrontandosi con gli autori. Alla fine, capirà da solo che poteva fare davvero molto meglio”.