Ardea: Enrico Letta scatta in avanti con la criminalizzazione

La premessa è quasi ridicola, se non fosse calata in un contesto assolutamente drammatico, cioè quello della strage avvenuta due giorni or sono nel paese romano di Ardea. A margine di un incontro elettorale del candidato alla carica di sindaco della capitale, Roberto Gualtieri, il segretario del Pd Enrico Letta esordisce dichiarando “senza voler speculare sul dolore di quello che è successo ad Ardea, penso che sia venuto il momento in Italia di aprire una seria riflessione sul tema delle armi che sono nelle case delle persone. Le armi in casa sono un dramma. Non sono un elemento di sicurezza, sono un elemento di drammatica insicurezza”. Il segretario Pd invita quindi il governo a “rivedere i regolamenti, ripensare le regole”.

È difficile per chi assiste a questo teatrino da parte della politica, malgrado le ipocrite premesse, non pensare proprio a ciò di cui si tratta, cioè una speculazione che, tra l’altro, così come è impostata punta esclusivamente alla criminalizzazione preliminare di una intera categoria di persone. Oltretutto, senza neanche il pregio dell’originalità, visto che riprende in modo pappagallesco quanto già aveva dichiarato nel 2015 il presidente della Camera M5S Roberto Fico: “Secondo me non si può avere in alcun modo la possibilità di possedere a casa pistole, fucili a pompa e quant’altro pur se dichiarati. È un rischio troppo alto per se stessi e per le persone che ti sono accanto. Uno sbaglio, una fatalità, un momento di follia sono cose che accadono nella vita e non è quindi possibile avere delle armi a portata di mano”.

Il giochino, quindi, è quello di far passare all’opinione pubblica il concetto secondo il quale i cacciatori, i tiratori sportivi, i collezionisti, le guardie giurate sono tutti potenziali pazzi, che nelle pause di riposo della giornata, non sapendo evidentemente come impiegare meglio il proprio tempo, accarezzano voluttuosamente le proprie armi pensando a quanto sarebbe bello fare una strage.
In questo momento dati precisi sul numero di armi legalmente detenute in Italia non sono disponibili. Sono, tuttavia, disponibili stime abbastanza attendibili, fornite da organismi internazionali, che parlano di alcuni milioni di esemplari (tra i 4 e i 10, con una indicazione per circa 7 milioni). Così stando le cose e confrontando i numeri in questione con gli eventi luttuosi che si verificano con armi legalmente detenute (quale, tra l’altro, la pistola del folle di Ardea NON era), si può concludere senza tema di smentita che le percentuali sono, grazie al cielo, irrisorie. Questo significa che non vi possano essere margini di miglioramento? Ovviamente no e, infatti, noi di Armi e Tiro per primi abbiamo indicato là dove si verificano falle importanti e come sia possibile rimediarvi.

Il problema non è discutere se l’attuale normativa possa o meno essere perfezionata, perché la normativa, per quanto già decisamente efficiente rispetto a molti altri Paesi europei e non, è sempre perfettibile come qualsiasi altro prodotto dell’uomo. Il problema è l’atteggiamento di partenza: se prima ancora di sedersi attorno a un tavolo si parte con la criminalizzazione di una intera categoria, è piuttosto evidente che non vi possa essere spazio per la necessaria serenità di confronto. È appena il caso di ricordare, sempre parlando dell’approccio da parte del Pd alla categoria dei legali detentori di armi, il disegno di legge presentato pochi anni or sono da Walter Verini, secondo il quale per trasformare un potenziale criminale in un cittadino integerrimo, bastava onerare quest’ultimo di una tassa annuale non inferiore a 200 euro! È questa la serietà, segretario Letta?

Letta invoca una “seria” riflessione sul tema delle armi: ecco, allora che sia seria per davvero, quindi innanzi tutto non figlia di eventi luttuosi contingenti e scevra da criminalizzazioni a prescindere, di una delle categorie di cittadini più controllate d’Italia.