Anche Guns trade non ci sta

Dopo Antonio Bana di Assoarmieri, anche Giacomo Vozza, titolare dell’azienda armiera Guns trade, ha messo a punto un comunicato fortemente critico nei confronti della bozza di circolare con la quale il ministero dell’Interno avrebbe intenzione di regolare il “dopo-catalogo”

 

Dopo Antonio Bana di Assoarmieri, anche Giacomo Vozza, titolare dell'azienda armiera Guns trade, ha messo a punto un comunicato fortemente critico nei confronti della bozza di circolare con la quale il ministero dell'Interno avrebbe intenzione di regolare il "dopo-catalogo". Ecco le sue parole:

"La “terrificante” bozza di circolare ripropone impietosamente vecchie e ottuse teorie che negli anni, come neve al sole, si sono sciolte di fronte a direttive europee, leggi nazionali, perizie tecnico-balistiche e pronunciamenti dei vari tribunali. Evidente è quindi la malafede che alberga nello spirito della bozza con la quale i redattori tentano di riportare in auge inutili e costose procedure che nulla hanno a che fare con la difesa dell’ordine pubblico. Pare, invece, che a fronte di un presunto vuoto normativo creato dall’abrogazione di quel inutile mostro del Catalogo nazionale, per continuare a perseguire malcelati interessi, qualcuno desideri riproporre fantomatiche autorizzazioni che non trovano alcun riscontro in norme nazionali o estere. A tal proposito è utile evidenziare che per le armi da fuoco “soggette ad autorizzazione”, il termine “autorizzazione” è legato unicamente al possesso di idoneo titolo di polizia da parte della persona fisica o giuridica che intende acquisire l’arma e non al fatto che l’arma sia genericamente “autorizzata” da un fantomatico ente. In ordine alla direttiva europea, infatti, l’acquisizione di armi di categoria “B” è consentita unicamente ai titolari di idonee autorizzazioni rilasciate dalle autorità di Ps del relativo Paese che, in Italia, sono costituite da Nulla osta rilasciato dal questore e le varie Licenze di Porto d’armi. L’eventuale rilascio da parte del Ministero dell’attribuzione della “qualità di arma comune da sparo” di un determinato prototipo d’arma non trova, quindi, alcun riscontro giuridico e anzi appare palesemente in contrasto con la Legge 183/11 e le altre normative che già definiscono in maniera inequivocabile quali siano le armi comuni e quali quelle vietate. Un aspetto sconcertante della bozza, ritengo sia la “leggerezza” e incompetenza con cui i redattori di tali note hanno operato dimenticandosi ad arte di utilizzare come fonti normative di riferimento le leggi successive alla 110/75 quali, per esempio, le direttive europee 91/477 e 2008/51/Ce, recepite dal D.L.gs 204/2010 e la legge 185/90 dalle quali si evince in modo inequivocabile quali siano le armi proibite o da guerra e pertanto rientranti fra i materiali d’armamento e quali siano quelle non vietate e quindi considerate armi comuni da sparo. Infatti come potrebbe il Ministero considerare da guerra una pistola semiautomatica quando l’art. 1 comma 11 della L. 185/90 esclude espressamente dalla fattispecie di armi da guerra o materiali d’armamento ogni arma corta (pistola o rivoltella) a funzionamento semiautomatico? Inoltre tale progetto, in sostanza, è stato preparato ignorando ad arte anche le normative europee a tutela del libero mercato (segnatamente l’art. 346 del Tfue il quale dispone che “..tali misure non devono alterare le condizioni di concorrenza nel mercato interno per quanto riguarda i prodotti che non siano destinati a fini specificamente militari…”). Altro aspetto di dubbia coerenza riguarda il menzionato divieto di detenzione di più armi con medesimo numero di catalogo. Il redattore della bozza, probabilmente ignora i vari pareri espressi in passato dal Ministero in merito alla possibilità di detenere in regime di collezione più esemplari dello stesso numero di Catalogo, purché diversi dal punto di vista collezionistico. Ciò venne riconosciuto proprio perché il requisito principale delle collezioni è, infatti, la raccolta dei differenti esemplari di una medesima arma, ma distinti per anno di fabbricazione, varianti dello stesso modello o Paesi di provenienza o adozione. A tal proposito, non si percepisce quale sia il nesso logico e consequenziale tra il pericolo per la pubblica sicurezza e il fatto di detenere in regime di collezione armi uguali, magari al fine di allestire una collezione tematica. Il commercio di armi, per chi non è titolare di licenza ex art. 31 Tulps, è pur sempre vietato. Unica consolazione è vedere come i redattori della bozza abbiano ammesso l’assoluta inutilità delle varie circolari a suo tempo emesse dalla Commissione consultiva, per mezzo del Ministero dell’Interno, relative ai freni di bocca, presenza o assenza di stecher e altre amenità del genere che hanno prodotto solo spese per lo Stato e per gli onesti cittadini dovute a inutili processi atti a “punire” chi, lecitamente, ha montato uno stecher o applicato un compensatore a un’arma da caccia. Altra singolare “ammissione di colpa” deriva dal leggere come negli anni la Commissione abbia operato stabilendo autonomamente e senza averne potestà, degli orientamenti e delle interpretazioni normative soggettive. Evidente è quindi l’illegittimità della limitazione dei colpi dei caricatori in quanto la Commissione non ha mai avuto potere legislativo, ovvero non ha mai avuto il potere di stabilire alcunché. La decisione di limitare a 5 e 15 il numero di colpi consentiti, inoltre, appare in controtendenza con precedenti catalogazioni in cui sono state accettate delle armi lunghe con capacità del serbatoio di 15 cartucce e corte con capacità fino a 20 colpi. In ogni caso si rammenta che il caricatore non è pare essenziale d’arma e che tale elemento, sebbene specificatamente progettato per un’arma da fuoco, NON è indispensabile al suo funzionamento. Senza caricatore un’arma funziona lo stesso a colpo singolo! In definitiva, qualora la “bozza” venisse adottata, oltre alla palese illegittimità derivata dal fatto che una circolare ministeriale non può scavalcare, modificare o sostituirsi le Leggi dello Stato, si produrrebbe un’incertezza d’interpretazione normativa in materia tale, da rendere impossibile il puntuale rispetto delle normative da parte dei cittadini e la corretta applicazione delle vigenti Leggi da parte delle autorità di Ps. Occorre altresì rammentare che una circolare è un atto interno alla pubblica amministrazione il cui scopo è quello di chiarire alcuni punti in esso indicati ma non deve e non può mai essere in contrasto con le norme di riferimento".