A Roma c’è anche il cinghiale calciatore

Plaudono i benpensanti al “salvataggio” dell’ennesimo cinghiale a Roma, rinchiuso in un campetto sportivo e poi avviato a diventare un animale da fattoria. C’è anche chi ipotizza che possa essere una soluzione valida per tutti i cinghiali, evidentemente senza rendersi minimamente conto di ciò di cui si parla

A Roma in un campetto di calcio localizzato in zona villa Carpegna (quartiere Aurelio) è stato rinchiuso un cinghiale, vagante dai giorni precedenti, successivamente poi catturato con una gabbia. L’animale è stato successivamente trasferito in una zona vicino Trigoria. Residenza finale dell’animale una non ben identificata “fattoria didattica” a Roma Sud, denominata Centro Momigliano dove, parole degli esecutori della cattura, “farà compagnia a tacchini, oche, conigli e cavalli”. Molto enfatizzato naturalmente il successo dell’operazione, che riporta a confronto negativo, la contrapposta crudeltà dell’abbattimento del gruppo di cinghiali al Parco Aurelio. Il presidente della commissione ambiente ha anch’esso dato risalto al cinghiale spedito a far compagnia agli animali da cortile. Ci si chiede anche se il protocollo di contenimento, che adotta soluzioni cruente, possa trasformarsi in catture e trasferimenti in zone dove le associazioni si faranno carico della trasformazione di animali selvatici in miti animali da cortile.

Ci permettiamo a nostra volta di domandarci se alla fine sia un bene per l’animale snaturare una bestia selvatica, nata appunto in natura, forzandola a una cattività in spazio confinato per ovviare al continuo e sempre più degradato abbandono della città di Roma, dove si moltiplicano macchie, forteti e zone rifugio in ogni dove per i cinghiali. Davvero si può pensare che tutti i cinghiali di Roma, e dell’Italia intera, possano essere catturati e rinchiusi in aree confinate che diverranno, con questo metodo, altrettanti punti di sovrappopolamento? Un animale selvatico, per di più con una mole e una forza imponenti, tenderà ad assecondare il suo comportamento naturale, non quello dei colleghi conigli e oche. Anzi istinto vuole

che, al limite, li veda come possibili prede. In particolare il cinghiale maschio è molto difficile da gestire nella convivenza con altri animali, quindi sarà poi necessario rinchiuderlo in un recinto apposta. Quindi, oltre a rifiutare il declassamento di un cinghiale a quello di un animale domestico, ci chiediamo anche che fine ha fatto la legge 150/1992 che proibisce la detenzione di animali di fauna autoctona a chiunque, a meno che non sia un allevamento per animali da carne o da ripopolamento. Non dovrebbe essere lo stesso comune, autore del “salvataggio”, e le stesse autorità a sorvegliare su tali illeciti?