A Genova si muore di balestra fai-da-te: chiudiamo le ferramenta?

Solo pochi giorni or sono, ad Assago, piccolo centro alle porte di Milano, un soggetto affetto da problemi psichici ha afferrato un coltello dal reparto di vendita di un supermercato e ha cominciato a colpire a caso i presenti, uno dei quali è morto, mentre gli altri sono stati ricoverati in ospedale anche in gravi condizioni. Questa volta invece il teatro della vicenda è rappresentato dai vicoli di Genova, un dedalo di viottoli stretti e intersecati che caratterizzano il centro storico medioevale del capoluogo ligure. Qui, un 63enne ha imbracciato una balestra realizzata artigianalmente da sé, e ha scoccato un dardo (anch’esso auto-costruito) in direzione di un peruviano di 41 anni, reo di aver schiamazzato eccessivamente sotto la sua finestra, di notte. Il colpo si è rivelato purtroppo fatale, la vittima è infatti spirata all’ospedale pochi minuti dopo il ricovero.

Cosa accomuna questi fatti? Innanzi tutto la letalità degli effetti conseguiti con strumenti “basici”, come il coltello (che è in effetti uno degli utensili più antichi della storia dell’umanità), ma anche la capacità della mente umana di assecondare eventuali istinti aggressivi in modo non prevedibile e creativo. Cosa insegna in particolare il fatto di Genova? Be’, proviamo a pensarci un attimo: la risposta diretta al fatto di Assago è stata quella di togliere i coltelli dall’area di vendita dei supermercati della catena Carrefour, in tutta Italia. A questo punto è logico pensare che, se l’autore del delitto di Genova avesse utilizzato una balestra sportiva (attrezzo che è oggi di libera vendita, ma con limitazioni relativamente al porto), qualcuno si sarebbe affrettato immediatamente a proporre la messa al bando della vendita delle balestre. Però… però sta di fatto che la balestra non era “comprata”, bensì “fatta” di sana pianta, da un soggetto evidentemente portato per il bricolage (ma non è che serva Einstein… parliamo di uno strumento già diffusissimo nel medio evo). A questo punto la risposta, come sempre ottusa come un cubetto di porfido, quale dovrebbe essere? Chiudere le ferramenta? I brico center? Sottoporre a licenze di polizia l’acquisto di seghetti, smerigliatrici e altre utensilerie? Dio non voglia, magari elettriche?

È forse lo stesso interrogativo che devono essersi posto le autorità giapponesi, allorché un folle delle loro parti ha colpito mortalmente l’ex premier Shinzo Abe, con una doppietta autocostruita (munizioni comprese). Il tutto, nel Paese in cui è in assoluto più difficile procurarsi legalmente un’arma.

Non sarà il caso di prendere spunto da questi fatti drammatici, per capire una volta di più che concentrarsi esclusivamente sugli strumenti usati per delinquere, può solo dar vita a un inseguimento nel quale il legislatore sarà sempre in ritardo rispetto alla fantasia degli assassini? Cosa che, intendiamoci, è ben diverso dall’attuare una qualsivoglia forma di deregulation sulle armi vere e proprie. Non sarà forse il caso di chiedersi se il modello sociale al quale l’Italia si sta adattando, fatto di rapporti sempre più aggressivi, di una soglia di tolleranza verso gli altri sempre più ridotta, di problematiche psicologiche sempre più accentuate, non sia esso stesso l’arma per antonomasia, quella da “disarmare” per davvero? È chiaro, nessuno si aspetta che questo sia semplice. Ma se invece quantomeno di iniziare a porsi il problema, si continua a voltare la testa dall’altra parte, mai si comincerà a risolverlo.