Salta il porto d’armi anche ai testimoni di giustizia?

A denunciare il fatto, con una lettera aperta al ministro dell’Interno Matteo Salvini, è il figlio di un imprenditore siciliano che ha denunciato la mafia

A pochi giorni di distanza dal tragico femminicidio di Deborah Ballesio, alla quale sembra che la prefettura avesse negato il porto di pistola nonostante fosse vessata dall’ex, un altro caso “particolare” coinvolge la concessione della licenza per difesa personale che, sempre di più, sembra ormai essere divenuta una chimera. A portare all’attenzione pubblica la propria vicenda è Giuseppe Cutrò, figlio di Ignazio, imprenditore siciliano che ha denunciato la mafia assumendo il ruolo di testimone di giustizia. Dopo quasi un anno di attesa dalla presentazione dell’istanza (il termine previsto per la conclusione del procedimento è di 120 giorni), Cutrò si è infatti visto rifiutare il rilascio del porto d’armi, dopo che gli è stata peraltro tolta la scorta, perché secondo la prefettura non sussiste “attualità del pericolo”. Da qui la decisione del cittadino di inviare una lettera aperta al ministro dell’Interno Matteo Salvini, chiedendo il suo aiuto. Ecco il testo integrale:

Il sottoscritto Cutrò Giuseppe, nato a Santo Stefano Quisquina (AG), il +++++ 1990 e residente a Bivona (AG), in +++++++++++++ Imprenditore, dal 2011 al 2018 sottoposto a misure di protezione in quanto familiare del Testimone di Giustizia Ignazio Cutrò.

CONSIDERATO CHE in data 19.05.2018 presentavo nelle mani del Prefetto di Agrigento istanza tesa al rilascio del porto d’armi per difesa personale;

RILEVATO CHE nei mesi successivi, oltre ai vari contatti telefonici, contattavo il Prefetto di Agrigento ed il Responsabile del Procedimento tramite e-mail personale d’Istituto, per integrare documentazione ed avere notizie in merito all’istanza, ricevendo risposte della pratica in lavorazione e null’altro;

CONSIDERATO CHE in data 02.10.2018 diffidavo a mezzo PEC il Prefetto di Agrigento, affinché rilasciasse la licenza e richiedevo accesso agli atti, senza ottenere alcun riscontro;

CONSTATATO CHE in data 17.04.2019 mi viene notificato dai Carabinieri di Bivona il decreto di diniego della Prefettura di Agrigento del 15 aprile corrente anno, riportante “Reg. n. 11” e protocollo numero 0012360, motivato dalla discrezionalità e dalla non attualità del pericolo;

CONSIDERATO CHE nel provvedimento vengono citati provvedimenti di diniego con date a me sconosciute, in questo momento;

RILEVATO CHE per questo procedimento non ho mai ricevuto preavviso di diniego previsto dall’art. 10 bis della L. 241/90, tant’è vero che non viene citato nemmeno nel provvedimento di diniego; per cui si il provvedimento di diniego in oggetto, si ritiene NULLO. Dopo quasi un anno (quando dovevano rispondere in 120gg) hanno valutato bene; tant’è stata la fretta di negare ed emettere il diniego, che non hanno rispettato nemmeno la procedura.

La gatta frettolosa fa i figli ciechi. Io mi chiedo, ma se si tratta di un procedimento amministrativo standard, con il quale operano ogni giorno, è possibile commettere questo errore, allora, in altre vicende, potrebbero aver valutato anche così? In passato ho richiesto altre volte il rilascio della licenza, l’hanno sempre rigettata poiché asserivano godessi della tutela e di ottime misure di protezione, una volta poi tentarono di utilizzare una documentazione riservata in altri procedimenti, che non potevano divulgare, legata esclusivamente ad una situazione particolare della mia vita; invece è stata divulgata, e con la divulgazione ed il tentativo di utilizzo hanno intaccato e leso la mia privacy. Purtroppo non ho denunciato il fatto immediatamente. Ammetto che non potranno mai rilasciarmi la licenza di porto di pistola, ma solo perché accetterebbero che io e la mia famiglia rischiamo ancora, così preferiscono continuare su questa linea. C’è Molta discrezionalità su questo argomento, anche troppa, soprattutto quando in gioco c’è la vita delle persone.

Io sono sempre stato alle regole dei dispositivi di protezione (quando ne godevo), solo una volta le abbiamo violate per attestare che il sistema di videosorveglianza risultava inefficiente, uscendo dal cancello di casa senza scorta, anche se ho saputo che poi hanno osato, mentendo, segnalare che sono uscito da solo altre volte; e chissà.

Non ho mai esitato a parlare ad alta voce di fronte ai problemi, come mio padre, la cui sua unica colpa – secondo alcuni- è aver sempre detto le cose come stavano, e dove stavano gli inghippi. Così da fare inasprire chi in quel momento avesse sbagliato. E’ questo oggi portiamo sulle spalle, aver lottato per i diritti ed essere rompiscatole.

Il Ministro Salvini parla di legittima difesa e di sicurezza, ma a chi e per come? Solo per pochi mi viene da pensare. Possiedo licenza ed armi, e mi alleno al poligono da 11 anni ormai, ritengo di essere esposto, e la percezione del pericolo l’ho sempre avuta, tant’è vero che quando avevo la scorta, spesso ero io ad alzarmi, ed andare da loro per segnalare loro alcune situazioni. Non ho condanne, penso di attenermi alle regole ed al rispetto della legge, e di godere di buona condotta etico morale basata sulla legalità.

Se con il gessetto scriviamo sulla lavagna e poi passiamo la spugnetta, rimangono le tracce, figuriamoci se la mafia dimenticherà mai quello che la mia famiglia ha fatto, nella normalità, e quello che lo Stato gli ha tolto per causa nostra.

Ricorso non ne posso fare, ricorrere al TAR per garantire i propri diritti costa troppo in Italia, forse potrò fare ricorso gerarchico, affinché rimanga in un cassetto o scadano i termini.

Io credo nella Giustizia, e nello Stato Italiano e chiedo di fare in modo che questo venga divulgato, poiché se mi accade qualcosa, possiate conoscere il nome delle persone che non mi hanno permesso di garantire la possibilità di difendermi ed eventualmente di garantire la continuità della giovane mia vita.
p.s.: Se il Ministro Salvini può intervenire, intervenga!
Giuseppe Cutrò