Più lupi per ridurre la popolazione di cinghiali? No, grazie!

L’eurodeputato Sergio Berlato risponde alla proposta ambientalista che vorrebbe sfruttare la crescita dei grandi carnivori per ridurre la popolazione di ungulati, cercando di risolvere un problema creandone uno ben più grave

Le assurde teorie della propaganda animal-ambientalista ormai non sorprendono più nessuno, ma tra le ultime proposte ce n’è una talmente paradossale da non passare inosservata. A una continua crescita della popolazione di ungulati corrisponde un sempre più preoccupante aumento della popolazione di lupi, perciò, propongono gli animalisti, perché non sfruttare proprio la presenza del grande carnivoro per limitare la proliferazione di cinghiali e caprioli? Se si stesse parlando di un territorio incontaminato di qualche migliaio di ettari, privo di insediamenti umani, la teoria non farebbe una grinza. Penso ai parchi nazionali degli Stati Uniti, grandi come intere regioni del nostro Paese (il parco di Yellowstone, per esempio, ha un estensione pari a tre volte quella della Valle D’Aosta), dove la natura può raggiungere un proprio equilibrio in autonomia e dove anche i carnivori possono trovare una propria nicchia ecologica, senza danneggiare le attività umane. Sulle nostre montagne, però, gli insediamenti umani ci sono e a meno di non voler costringere migliaia di agricoltori, allevatori e abitanti della montagna a traslocare nelle grandi città, la presenza massiccia del lupo continua a essere una minaccia intollerabile, non certo una soluzione da incentivare. La realtà del mondo rurale, della montagna, ma non solo, è molto più complessa di quanto vogliano far credere gli ambientalisti da salotto, che vivono la crescita della popolazione dei grandi carnivori dalle loro comode abitazioni in centro città, ben lontani da chi i danni causati dal lupo li subisce in prima persona. Sì, perché mentre si idealizza la figura del lupo, notoriamente animale pacifico e per nulla aggressivo, gli avvistamenti aumentano in modo costante, di singoli elementi ma anche di branchi, vicino ai centri abitati e a luoghi frequentati. Aumentano anche gli episodi di predazione, ai danni di animali da reddito ma anche d’affezione, prova inconfutabile della presenza di soggetti che non hanno solamente perso il timore atavico nei confronti dell’uomo, ma che si sono resi conto che predare ovini e bovini è più conveniente che dare la caccia agli ungulati selvatici.

L’impressione, ha dichiarato l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Sergio Berlato, è che gli animalisti, ancora una volta, stiano cercando di risolvere un problema creandone uno più grosso. «Le continue predazioni, il rinvenimento di bestiame e di animali di affezione sbranati da questi grandi carnivori raccontano una storia ben diversa da quella che gli animal-ambientalisti vorrebbero rappresentare. Il fatto che il lupo sia arrivato anche sui Colli Euganei, territori frequentati da famiglie e amanti della natura, deve destare in noi una profonda e motivata preoccupazione perché il lupo mangia carne viva» ha aggiunto Berlato. «Risulta del tutto evidente che le Istituzioni devono affrontare queste tematiche in modo obiettivo e sulla base di nozioni gestionali di natura tecnico-scientifica e non sulla base dell’emotività di chi crede che i lupi in circolazione siano quelli delle fiabe di Walt Disney e dei tre porcellini. Se nei secoli il lupo è sempre stato considerato come nemico dell’uomo e delle attività produttive, una ragione ci deve pur essere».