Weekend di sangue

Non servono fiaccolate, ci vuole la fiaccola della libertà. E, contro che aggredisce, l’unico rimedio è difendersi Checché se ne dica l’alternativa non c’è: non c’è alternativa tra sparare e non sparare, tra difendersi o non difendersi. Non c’è alternativa tra difendersi o morire. È vitale, è umano difendersi. Perché in questo Paese le cose sono cambiate e gli ultimi ad accorgersene sono i politici e gli intellettuali, nei loro “santuari” ben protetti dai quali lanciano proclami buoni solo per twitter e facebook.
Non si accorgono che il problema non è più rappresentato dalle armi, che possono essere coltelli, mazze, picconi, automobili o vetriolo, ma dal clima che si respira. Nemmeno più nelle periferie degradate o meno delle città, ma anche nei piccoli paesi, nei centri storici. Ovunque c’è differenza sociale, troppa disparità di culture e di comprensione, e invece troppa indifferenza morale.
Io non ci sto a subire, non mi va bene girare la testa quando vedo l’ingiustizia o la prepotenza. E la polizia latita. Non per colpa di tutti gli agenti delle forze dell’ordine, per carità. Anche loro sono sottoposti al giudizio della magistratura che a volte sembra più interessata a salvaguardare i criminali per un malinteso senso di giustizia nei confronti dei “deboli” della società.
Invece i deboli siamo noi: il ristoratore di Budrio (Bo), il colombiano di Brescia accoltellato davanti alla discoteca o il giovane cacciatore di Alatri sprangato dal branco. Solo gli ultimi di una lunga serie destinata, purtroppo, a continuare finché non si troveranno soluzioni efficaci. Per ora l’unica soluzione resta la difesa legittima.