Vita e morte del leone, tra realtà e mondo fatato animalista

Poco tempo fa, in Zimbabwe un ferroviere è stato attaccato e ucciso da un leone. Fatto normale in questo come in altri Stati africani. Si chiamava Thomas Mopusa. Altri 3 bambini della scuola primaria, mentre tornavano a casa raccattando legna, sono stati ugualmente uccisi da un altro leone. Quest’ultimo fatto si è svolto in Tanzania, nei pressi dell’area di conservazione Ngoro Ngoro. I bambini si chiamavano Ndoskoy Sangau, Metui Sangau e Kadonyo Sangau. I fatti non sono nemmeno comparsi una volta sui giornali nazionali, né su molti di quelli locali. Men che meno la notizia è arrivata a noi, lontani migliaia di km. Al contrario, i nostri benpensanti “pancia piena”, sono rimasti totalmente scioccati dalla morte di un altro leone, sempre nei pressi del parco di Hwange, nel Nord dello stesso Zimbabwe. La cosa è stata riportata da tutti, ma proprio tutti, i nostri giornali europei. Specialmente da quelli italici, che hanno fatto a gara nel condannare la cosa, scrivere tante stupidaggini, sancire leggi di natura inesistenti e tante altre cose. Il leone, chiamato Mopane, era uno dei tanti del parco. Che normalmente fanno dentro e fuori, permettendo a cacciatori con regolare licenza di avere la possibilità di abbatterli legalmente. E alle popolazioni locali di ricevere indennizzi, bilanciando in minima misura il rischio che i loro bambini o mariti vengano uccisi ed evitando che provvedano da sé senza alcun criterio né controllo. Mopane era un maschio di circa 12 anni, per cui molto vecchio, strano che non fosse già stato ucciso o morto di fame per mano di altri suoi simili più giovani. Naturalmente è partito il parallelo con il mai dimenticato leone Cecil. Altrettanto sdegno per i cacciatori di trofei, che uccidono animali così meravigliosi come Mopane. Che aveva anche 6 cuccioli attorno. A parte la perplessità verso un leone che a 12 anni ha ancora la forza di tenere un branco di femmine e riprodursi, forse i tanti che scrivono tralasciano il fatto che tanti giovani leoni, proprio in quanto scacciati da quelli più anziani, vagano da soli morendo di fame perché non protetti da un branco. O uccisi da altri leoni più grandi di età. Per cui la morte di un leone dodicenne permette la sopravvivenza di quelli più giovani e più adatti a riprodurre e tenere un branco difeso. Ma l’umana coscienza dei “cittadini” questo non riesce a comprenderlo. Quindi si continua a dare nomi accattivanti a ogni leone (caso strano, mai a iene, wild dog, giraffe, bufali…), facendolo entrare inevitabilmente in un mondo fatato in cui tutti gli animali “belli” debbono vivere all’infinito. Pregiudicando così il ricambio naturale alla base della salvaguardia di ogni specie. Che deve sempre permettere, con loro buona pace, la vita solo ai più forti, ai più giovani e ai più sani. È sempre andata così, e funziona. Per cui alla fine, mentre ogni anno in Africa muoiono circa 250 persone per assalti di leoni, Mopane è passato alla storia dei media e tutti lo ricorderanno addolorati. Come ancora viene ricordato Cecil e i suoi parenti. Mentre i tre bambini e il povero ferroviere, che ha lasciato una famiglia nella fame, nessuno sa che nemmeno siano esistiti su questo pianeta. Li ricordiamo, allora, noi cacciatori, che dicono siamo senz’anima: si chiamavano Thomas Mopusa, e i tre fratellini erano Ndoskoy Sangau, Metui Sangau e Kadonyo Sangau.