Tutta colpa del ministero

Una cosa è certa. Il ministero adotta ancora la strategia del “divide et impera” ai danni degli appassionati. “Legifera” a suo piacimento di nascosto dal parlamento, “notifica” le sue decisioni alle associazioni di categoria. In spregio della direttiva europea e degli interessi legittimi di mercato e appassionati

La vicenda del decreto che riguarda le armi, approvato dal consiglio dei ministri nei giorni scorsi e che si propone di attuare alcuni punti del decreto legislativo 204/2010, ha tutti i contorni del blitz a opera del ministero dell'Interno, ancora una volta per legiferare a mano (quasi) libera negli ambiti della delega ricevuta dal governo che stava per scadere agli inizi di luglio, in spregio della direttiva europea e anche della costituzione. A quanto Armi e Tiro è riuscita ad accertare, il ministero, nelle persone di Maria Paravati, direttrice della divisione armi ed esplosivi e del prefetto Gianfranco Tomao, direttore dell'ufficio per l'Amministrazione generale, avrebbero predisposto lo schema che abbiamo pubblicato nei giorni scorsi, successivamente pare anche rielaborato, convocando per comunicazioni al riguardo Anpam, Assoarmieri e ConArmI. Parlamentari interpellati da Armi e Tiro, tenuti del tutto all'oscuro di quanto si stava realizzando, sostengono che il ministero ha riferito di aver concordato il testo del decreto con tali associazioni. Quello che pare più credibile, comunque, è che il ministero abbia al solito adottato la classica strategia del "divide et impera", già altre volte esibita ai danni degli appassionati e del mercato. A quale scopo resta ancora ignoto, considerando che le misure che il ministero dell’Interno vorrebbe attuare, inoltre, non avrebbero alcun effetto concreto sulla sicurezza e sull’ordine pubblico. Secondo una recente statistica, nei casi di cronaca nera in Italia degli ultimi tre anni, soltanto il 2,27% dei casi di omicidio è stato compiuto con armi da fuoco legalmente detenute, contro il 21,64% dei casi di omicidio commessi con armi da fuoco illegali. Considerando il complesso dei reati compiuti con armi (omicidi, rapine eccetera), soltanto l’8,1% è stato compiuto con armi legalmente detenute, contro il 79,64% dei casi in cui è stata utilizzata un’arma illegale. Le associazioni di categoria, in almeno un paio di lettere circostanziate (l'ultima delle quali alleghiamo) si sono comunque sempre opposte alle istanze ministeriali. In via generale hanno sottolineato la scarsa chiarezza di alcune prescrizioni introdotte dal decreto, relativamente alla figura dell'intermediario e all'esportazione di armi, la discrezionalità concessa per il "ritiro in via cautelativa" delle armi in assenza di compimento di un reato e con connessi rischi di abuso, la vaghezza dell'identificazione dei professionisti abilitati alla redazione della documentazione tecnica richiesta per i poligoni privati, la farraginosità delle norme sul "paintball", pur se al di fuori dell'interesse delle associazioni. La lettera, datata 20 giugno, si concentra in particolare sulla questione della custodia e della capienza dei caricatori. In relazione alla prima, sottolinea la mancata differenziazione tra i diversi tipi di armi, in violazione della costante giurisprudenza di cassazione, la mancata definizione della nozione di "contenitore bilndato" e altri aspetti che andrebbero integrati e precisati sulla detenzione per difesa personale e su eventuale locale di sicurezza. Quanto ai caricatori, le associazioni hanno sottolineato che le limitazioni impediscono alcune discipline sportive e che sul territorio sono già presenti in numero massiccio armi con capienza superiore. La disposizione, per questa limitazione, come per altre, impedisce la libera circolazione e la commercializzazione di armi consentite in tutti i Paesi europei.