Tenere le armi nei poligoni? Impossibile e inutile

Torna alla ribalta la proposta di far tenere le armi degli appassionati nei poligoni, questa volta per bocca di un giornalista e scrittore che la vorrebbe, addirittura, “attuabile con semplicità”. Peccato che le cose siano un pochino diverse: ecco perché

Il ritornello secondo il quale obbligare i legali possessori di armi a tenere le armi sportive nei poligoni sarebbe la panacea di tutti i mali per i (rarissimi, per fortuna) casi di utilizzo criminale delle armi legalmente detenute è ormai piuttosto datato, visto che risale a oltre dieci anni fa. Fu portato avanti, in particolare, da due senatrici del Pd, Silvana Amati e Manuela Granaiola. Più di recente, è stato fatto proprio dall’Osservatorio per le armi leggere e, adesso, ha un nuovo alfiere: Stefano Iannaccone, giornalista e autore del libro “Sotto tiro – l’Italia al tempo delle armi e dell’illusione della sicurezza”. È abbastanza evidente, già dal titolo, che il taglio dato dall’autore al libro è di certo non favorevole a una diffusione delle armi tra i cittadini italiani. Il che, sia ben chiaro, è un punto di vista completamente, assolutamente, totalmente legittimo. In una recente intervista, tuttavia, Iannaccone riporta alla ribalta (per l’ennesima volta, come abbiamo spiegato poco sopra) l’idea di una legge che obblighi i legali detentori di armi a tenere le loro armi (sportive, pare di capire) nei poligoni, spingendosi addirittura ad affermare che “È una soluzione idonea, attuabile anche con semplicità. Chi pratica il tiro sportivo per passione è libero di farlo, sia chiaro. Ma siccome è uno sport da fare al poligono, è giusto che in casa non circolino munizioni e armi. È una scelta di buonsenso, che non danneggia gli appassionati. Ma non è gradita alle lobby”.

Ora, siccome evidentemente tra tutti coloro i quali hanno tirato fuori questa idea nel corso dell’ultimo decennio, non ce n’è uno che abbia mai visto neanche da lontano un poligono e probabilmente neanche un possessore legittimo di armi, conviene cercare di spiegare come stiano realmente le cose. Questo, è opportuno ribadirlo, tenendo sempre ben fermo il presupposto secondo il quale tutti sono liberi di avere la propria opinione: però, anche tenendo fermo il fatto che le opinioni sono una cosa, e il mondo reale è un’altra.

Partiamo dal principio: come è fatto un Tiro a segno nazionale. Le sezioni del Tiro a segno nazionale prevedono, ovviamente, un certo numero di linee di tiro (per pistola o per carabina, o entrambe), e un certo numero di locali logistici: la segreteria, per esempio, e naturalmente un locale armeria. Nel locale armeria vengono conservate sia le munizioni destinate a essere cedute ai soci per l’attività di tiro, sia le armi che il tiro a segno nazionale affitta ai soci e conserva per i corsi di abilitazione al maneggio armi per chi intende fare richiesta di un porto d’armi. Generalmente i locali armeria dei poligoni sono spazi relativamente angusti, anche perché il quantitativo di armi destinato a essere conservato in un Tsn è nell’ordine di qualche decina tra pistole e carabine.

Nel momento in cui le armi sportive detenute dagli italiani dovessero, dall’oggi al domani, essere obbligatoriamente conservate in un Tsn, che cosa accadrebbe? È molto semplice: le armerie dei poligoni dovrebbero passare dalla gestione di poche decine di armi, tra l’altro di proprietà del poligono, alla gestione di alcune migliaia di armi, tra l’altro di proprietà di terzi. Dovrebbero, quindi, essere previsti appositi locali (di idonea cubatura, va da sé, visto che le leggi della fisica per il momento non possono essere piegate con una legge, e per fortuna) di ampiezza esponenzialmente superiore rispetto a quella attualmente esistente, in modo tra l’altro da garantire che le armi dei cittadini possano esservi conservate in modo idoneo (quindi per esempio senza subire urti e danni conseguenti dal contatto fortuito contro altre armi), al riparo dall’umidità (in caso di ossidazione o altri danni, tra l’altro, chi dovrebbe risponderne?) e con un opportuno sistema informatizzato di gestione che consenta in qualsiasi momento di sapere l’arma X del proprietario Y dove si trova (perché, giustamente, quando il proprietario arriva non si può certo pretendere di perdere due ore per capire dove sia finita…).

Risultato? Nessuno (ribadiamo: nessuno) dei Tsn italiani ha le strutture idonee per anche solo immaginare la gestione di una situazione come quella prospettata, tra l’altro con “semplicità”, da Iannaccone. La domanda da porsi a questo punto sarebbe chi, di grazia, dovrebbe sostenere i costi (si parla di decine, forse centinaia di migliaia di euro per ciascun poligono, milioni di euro su scala nazionale) per realizzare infrastrutture idonee a questo fantascientifico progetto, fermo restando comunque il fatto che la stragrande maggioranza dei poligoni non ha lo spazio fisico per la creazione di locali di queste dimensioni.

È da sottolineare anche un altro problema: già oggi, capita di leggere sui quotidiani di “bande del buco” che assaltano i Tsn per cercare di sottrarre le (per fortuna poche) armi che custodiscono, da utilizzare a fini criminali; nel momento in cui i Tsn diventassero casseforti piene di migliaia di armi, diventerebbero automaticamente bersagli per la criminalità organizzata che, a quel punto, sarebbe giustificata dal tornaconto di impadronirsi di un così ingente bottino, a utilizzare metodi “professionali” d’assalto. Tra l’altro, diversamente dalle armerie, i Tsn hanno l’ulteriore criticità di essere posizionati in luoghi generalmente remoti, per le note questioni acustiche. Un bel regalo davvero alla criminalità! E quando poi, con queste armi, saranno ammazzate persone innocenti? Chi si assumerà la responsabilità? Gli anti-armi?

Nessuno di coloro i quali, negli ultimi 10 anni almeno, hanno tirato fuori questa proposta, si è finora anche solo minimamente sognato di rispondere a una semplicissima domanda: come una legge del genere possa essere contemperata con le normative vigenti (anche di rango costituzionale…) relative al diritto di proprietà. Che, secondo il diritto privato (non secondo la nostra opinione) è il diritto “di godere e disporre della cosa in modo pieno ed esclusivo”. In altre parole: perché, di grazia, al proprietario di un’arma sportiva dovrebbe essere precluso di allenarsi a casa propria, negli orari che più gli aggradano, con lo scatto a vuoto dell’arma? E come potrebbe mai essere fatto legalmente? Hanno una vaga idea, i vari Iannaccone, Opal, eccetera, di quanta importanza abbia il cosiddetto “allenamento in bianco” per la formazione sportiva di un atleta (per esempio) di rango olimpico? E quando un atleta dovesse per esempio partecipare a una gara in un determinato Tsn, che magari svolge la propria gara in un giorno nel quale il Tsn “depositario” della propria arma è chiuso? Che si fa? E cosa si dovrebbe fare, di grazia, nel momento in cui un cittadino fosse iscritto non a un Tsn, ma a un campo di tiro privato, che NON è autorizzato dalla legge a detenere NESSUN tipo di arma?

Al di là di questi aspetti pratici, che comunque è giusto sottolineare e rendere noti, c’è comunque un problema fondamentale, ancora una volta del tutto ignorato dai fautori di questa proposta: il 90 per cento degli appassionati d’armi, anche nel momento in cui è in possesso del cosiddetto porto d’armi “sportivo” e anche nel momento in cui pratichi l’attività sportiva con le armi, non possiede esclusivamente armi sportive, bensì anche armi comuni da sparo, armi da caccia, armi antiche. Quindi, anche obbligando questi cittadini a tenere le armi sportive nei poligoni (cosa, si ribadisce per l’ennesima volta, che non solo non è “attuabile con semplicità”, ma non è proprio attuabile del tutto), di grazia, quale risultato si otterrebbe? Non certo quello di “disarmare” i cittadini, che, infatti, continuerebbero a detenere armi esattamente come prima. Certo, magari “solo” 3 anziché 8, o 10, o 12. Ma è un dato di fatto, ragazzi, che anche gli appassionati d’armi sono come gli altri esseri umani e hanno solo due mani e due braccia, se non ve ne foste accorti…

Secondo Iannaccone, quindi, la proposta sarebbe attuabile con semplicità, non danneggerebbe gli appassionati e l’unico motivo per il quale non viene attuata è che la sedicente “lobby” è contraria. Con gli elementi appena forniti (e scusate se ci siamo dilungati), crediamo di aver dimostrato invece che:

  1. la proposta non solo non è attuabile con semplicità, bensì non è attuabile, punto.
  2. La proposta danneggerebbe gli appassionati, eccome.
  3. La “lobby” delle armi non è contraria: semplicemente ha sempre fatto presente che è una proposta completamente avulsa dalla realtà.