Striscia la notizia contro le aria compressa

Le armi ad aria compressa di modesta capacità offensiva (cioè sotto i 7,5 joule di energia, cioè di libera vendita) sono state loro malgrado protagoniste della puntata di ieri di Striscia la notizia, l’ormai storico Telegiornale satirico ideato da Antonio Ricci. In particolare l’inviata siciliana Stefania Petyx ha realizzato un servizio nel quale si è evidenziata la peculiare situazione dell’ordine pubblico nella città di Palermo, nella quale gruppi di giovani (pare minorenni) scatenano risse e sparatorie tra le vie utilizzando armi da fuoco ma anche, a quanto pare, armi ad aria compressa. La chiosa, ovviamente, è che essendo queste armi di libera vendita (con relativa inchiesta “in incognito” su quanto siano pericolose, ohibò), occorre “rivedere la legge del ‘99” e quindi, secondo la Petyx, sottoporre queste armi a restrizioni sull’acquisto, esattamente come accadeva prima del 2001 (giacché non fu la legge del 1999, in concreto, a liberalizzare le armi sotto i 7,5 joule bensì il decreto ministeriale attuativo del 2001).

Non c’è da stupirsi di simili campagne da parte di Striscia la notizia: le posizioni anti-armi di Ricci sono note da tempo. Dispiace, tuttavia, constatare che ancora una volta quando il tema è quello delle armi (da fuoco o, come in questo caso, ad aria) sembri sempre indispensabile affrontare il tema sotto lo specifico inquadramento del massimalismo e anche della superficialità.

Cominciamo con il ricordare, in particolare, che il fatto che queste armi siano di “libera vendita” non significa che non vi siano regole per l’acquisto, il possesso e l’uso. E cominciamo con il dire che se, come affermato dall’autrice del servizio, a fare i “pistoleros” in mezzo alla strada sono minori, già sappiamo che queste armi non se le possono essere procurate legalmente in Italia, perché qui la vendita può essere effettuata solo a maggiorenni, di persona, con obbligo di registrazione degli estremi del documento di identità (come peraltro ricordato nello stesso servizio). Occorre inoltre ricordare che, tra i Paesi che costituiscono l’Unione europea, praticamente tutti hanno una normativa che consente la libera vendita di armi ad aria compressa, ma l’Italia è quello che in materia di armi ad aria compressa di libera vendita ha una delle normative più restrittive, sia per quanto riguarda i limiti di potenza (che in alcuni Paesi dell’Unione non esistono proprio), sia per quanto riguarda le procedure d’acquisto. In Italia, per esempio, è vietata la vendita per corrispondenza, cosa che non accade invece in altri Paesi. Spesso, per quanto paradossale possa sembrare, le armi ad aria compressa (anche di alta potenza) che circolano in Italia illegalmente sono proprio state acquistate all’estero per corrispondenza, grazie all’assenza di controlli determinata dall’area Schengen. Il che non significa, per questo, che i controlli da parte della polizia postale non ci siano e che questa fonte di approvvigionamento illegale non venga contrastata. Significa, tuttavia, che anche riportando l’Italia indietro di un quarto di secolo (facendola diventare un caso a sé in tutta l’Unione), il problema non si ridurrebbe di una virgola.

Più di tutto, tuttavia, risulta inaccettabile il fatto che, parlando di armi (si badi bene, “solo” di armi), il discorso debba sempre essere improntato a un massimalismo tale per cui, di fatto, la responsabilità individuale non esiste e ogni qualvolta vi sia un impiego illecito di questi strumenti, il problema debba essere “ribaltato” in automatico sull’intera categoria. Avete mai sentito qualcuno che, a fronte dell’ennesimo omicidio stradale commesso da persone ubriache alla guida, abbia intrapreso una campagna per chiudere enoteche e birrerie e riconvertire i vigneti del Chianti in campi di grano? No? Ecco, appunto. Addirittura, degli alcoolici è consentito fare la pubblicità in televisione, basta scrivere in piccolo su un angolo dello schermo “bevi responsabilmente”. Perché, guarda un po’ che strano, se uno si ubriaca e poi per di più si mette alla guida, è del tutto normale ritenere che la colpa sia sua, non delle auto in quanto tali né delle bevande “inebrianti” in quanto tali. E guarda caso, anche per gli alcoolici vige il divieto di somministrazione ai minorenni che, guarda caso, non impedisce ai minorenni di farne uso…

Quindi, la soluzione quale sarebbe? Vietare le aria compressa? D’accordo. E poi? Vietare le fionde? Vietare i sassi? Ma non sarà meglio cercare invece di vietare gli imbecilli per la strada?