Siamo tutti serial killer?

Medicina, scienza e comunicazione si è occupato della recente strage famigliare avvenuta in provincia di Reggio Emilia: Davide Duò, 47 anni, operaio ceramista disoccupato, ha massacrato moglie, figli e un’amica di famiglia. “Secondo gli esperti”, si legge, “metà degli italiani ha problemi psichici e nella maggior parte dei casi di tratta di depressione: dovremmo forse concludere che la metà o più di noi potrebbe trasformarsi in un killer e sterminare la sua famiglia? … Medicina, scienza e comunicazione si è occupato della recente strage famigliare avvenuta in provincia di Reggio Emilia: Davide Duò, 47 anni, operaio ceramista disoccupato, ha massacrato moglie, figli e un’amica di famiglia. “Secondo gli esperti”, si legge, “metà degli italiani ha problemi psichici e nella maggior parte dei casi di tratta di depressione: dovremmo forse concludere che la metà o più di noi potrebbe trasformarsi in un killer e sterminare la sua famiglia? La risposta è ovviamente no e per fortuna sono gli stessi esperti, o almeno alcuni di essi, a rissicurarci in questo senso. «Anche Davide Duò era stato seguito per due anni dal servizio di salute mentale per problemi di depressione, – ha spiegato lo psichiatra Giovanni Cassano ai numerosi giornali che lo hanno contattato per un commento sulla vicenda – Il fatto è che è la prevalenza della malattia mentale nella popolazione a essere molto elevata: per un 50% degli italiani che soffre nella vita di almeno un disturbo psichiatrico, l’altro 50% ha problemi psicopatologici che restano sotto soglia e, pur non sono risultando evidenti clinicamente, esistono. Fatti violenti di questa gravità sono, invece, molto rari. Lo stesso uomo di Reggio Emilia aveva un buon rapporto con gli operatori che lo seguivano e non aveva mai dato segni di aggressività. In realtà – ammette lo psichiatra – non si sa cosa c’è dietro la depressione e uno dei problemi più grandi è come predire a breve o lungo termine comportamenti del genere. Dove i pazienti sono meno assistiti nel territorio, o dove c’è resistenza al ricovero, si possono verificare anche questi eventi, perché il paziente nei casi più gravi andrebbe ricoverato. Tuttavia, fatti del genere sono sempre esistiti e la loro frequenza non accenna a diminuire nonostante il grande progresso della psichiatria: quando il nostro cervello è gravemente disturbato, il delirio e la perdita di controllo possono liberare comportamenti aggressivi e violenti in maniera ancora imprevedibile anche per gli esperti. Il malato può avere momenti in cui può essere pericoloso, sia che guidi l’auto o un aereo, sia che faccia un mestiere come il poliziotto o il soldato, o il chirurgo». Sulle conclusioni però anche Cassano non ha dubbi: «Non si può però ricondurre tutto questo alla depressione, sono quadri psicotici complessi che durano molto tempo, non a caso questo paziente era in cura da due anni». Di ben diverso avviso è, invece, il criminologo Vincenzo Mastronardi che, forte dei dati statistici, si sente di poter tracciare addirittura l’identikit dei family mass murder o assassini di massa familiari, come li definiscono i profiler dell’Fbi. «Bassa tolleranza allo stress, stato depressivo intenso e narcisismo particolarmente accentuato sono infatti le caratteristiche principali che, secondo l’esperto dell’università di Roma La sapienza «si rilevano sempre in miscela esplosiva per casi come questo». «Se sono adulti – aggiunge poi Mastronardi – si suicidano sempre, mentre se sono adolescenti (vedi Erika e Omar) non si suicidano. Per quanto riguarda, invece, le motivazioni scatenanti sono economiche o relative al dissesto affettivo, come per esempio i figli, dilaniati tra un affetto e l’altro». Quanto alle armi usate per i massacri familiari figurano ai primi posti quelle da taglio, soprattutto coltelli da cucina. Proprio la cucina è, infatti, il luogo più frequente in cui in genere hanno inizio o si concludono queste mattanze.