Ritirato il porto d’armi per cattive frequentazioni: una sentenza preoccupante

Con sentenza n. 385 del 13 febbraio 2023, la prima sezione del Tar della Lombardia ha respinto il ricorso di un cittadino che si è visto rifiutare nel 2022 il rinnovo del porto d’armi per uso caccia, che deteneva dal 1973, con la motivazione che nel 2017, in occasione di un controllo di polizia, era stato trovato in compagnia di un soggetto “che annovera a proprio carico precedenti di polizia controindicati nel rilascio del porto d’armi”.

Il cittadino ha richiesto alla pubblica amministrazione l’accesso agli atti, chiedendo copia dei documenti concernenti il procedimento amministrativo e, in particolare, il verbale del controllo di polizia svolto nel 2017, cioè cinque anni prima rispetto al rifiuto del rinnovo del porto d’armi.

La questura ha rigettato la richiesta di accesso agli atti, argomentando che “i dati raccolti sono sottratti alla visione in quanto rientranti nelle categorie di cui all’art. 24 L.241/1990 e agli artt. 3 e 4 del D.M. Interno n. 415/1994, coordinato con il D.M. Interno n. 508/1997”.

Il Tar ha respinto il ricorso, affermando che “Poiché le risultanze relative al controllo di polizia del 2 ottobre 2017 sarebbero state tratte dalla Banca Dati Interforze, la Questura ha ritenuto che i dati non fossero ostensibili, ai sensi dell’art. 9 della L. 121/1981. La norma prevede: “L’accesso ai dati e alle informazioni conservati negli archivi automatizzati del Centro di cui all’articolo precedente e la loro utilizzazione sono consentiti agli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alle forze di polizia, agli ufficiali di pubblica sicurezza e ai funzionari dei servizi di sicurezza, nonché agli agenti di polizia giudiziaria delle forze di polizia debitamente autorizzati ai sensi del secondo comma del successivo articolo 11. L’accesso ai dati e alle informazioni di cui al comma precedente è consentito all’autorità giudiziaria ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale. È comunque vietata ogni utilizzazione delle informazioni e dei dati predetti per finalità diverse da quelle previste dall’articolo 6, lettera a). È altresì vietata ogni circolazione delle informazioni all’interno della pubblica amministrazione fuori dei casi indicati nel primo comma del presente articolo”.

Sulla base della documentazione prodotta emerge la legittimità del diniego all’ostensione, avuto riguardo all’art. 3 lett. a) del DM 10 maggio1994 n. 415. Ed invero gli “atti” di cui all’istanza di accesso sono contenuti nella Banca Dati Interforze, la cui conoscenza, ai sensi dell’art. 9 della L. 121/1981, è, da un lato, limitata a particolari categorie di soggetti, e, dall’altro, deve essere giustificata dalla necessità di tutelare l’ordine, la sicurezza pubblica e la prevenzione e repressione della criminalità, che costituiscono la ragione fondante della creazione della banca dati ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 6 comma 1 lett. a) e 8 della richiamata L. n. 121/1981. Il diniego opposto dall’Amministrazione è coerente con il quadro normativo sopra riportato e con gli interessi dallo stesso tutelati, che vedono eccezionalmente come recessivo quello del privato all’accesso”.

Appare evidente che in questo modo la pubblica amministrazione possa determinare conseguenze inibitorie per il cittadino, sulla base di indicazioni investigative risalenti nel tempo anche di diversi anni, che non hanno dato luogo a notifiche all’interessato al momento del fatto e che l’interessato non è ammesso a conoscere neanche successivamente. Appare quindi evidente come risulti compromessa la possibilità, per il cittadino, di dedurre le proprie ragioni in merito allo specifico fatto e, in sostanza, di difendersi contro l’atto dell’autorità di pubblica sicurezza. Nel caso specifico: cosa significa che il cittadino è stato trovato “in compagnia” di un soggetto pregiudicato? Bisogna che ci sia una conoscenza personale diretta, o da adesso in avanti per non perdere il porto d’armi tutte le volte che si entra in un bar o in un altro locale pubblico bisogna prima chiedere la fedina penale a tutti i presenti? Siamo tornati al tempo delle informative dell’Ovra?

La sentenza è allegata qui sotto.

T.A.R. Lombardia – Sentenza n. 385 del 13 febbraio 2023