Psa in Lazio: niente abbattimenti, bensì reti e trappole

Il Lazio cerca di risolvere il problema della peste suina, con soluzioni diciamo così anticonvenzionali. Le amministrazioni, e lo stesso sottosegretario alla Salute Andrea Costa in Tv, erano partiti con l’enfatizzazione del ricorso ai cacciatori “grandi alleati in questo momento per delimitare con abbattimenti la zona rossa”, onde non far uscire altri animali. Nei fatti, il commissario straordinario Angelo Ferrari ha autorizzato la creazione di un’altra zona di rispetto, grande circa 4 volte la zona rossa. Praticamente tutta la provincia di Roma sopra al Tevere, arrivando fino alle province di Rieti e Viterbo. Verso Sud, arriva fin dentro Roma e alle rive dello stesso Tevere. In tale zona, dichiarata celeste, saranno proibiti tutti gli abbattimenti. Analogamente alla rossa.

Ora, noi non sappiamo se gli abbattimenti nelle zone confinanti sarebbero la soluzione. Ma come si pensa di arginare il problema quando tutta la cosiddetta zona celeste mantiene in piedi tutte le attività di transito, turistiche, ludiche, di passeggiate, di presenza di lavoratori, pendolari eccetera? Si è deciso di “lasciar fare alla Natura”. Concetto sempre presente nelle tantissime zone protette dalla caccia dai soliti animalisti o pseudo-tali. L’Ispra e gli istituti zooprofilattici di Umbria e Marche, come dichiarato, sono stati sentiti, ma non si fa cenno a cosa abbiano detto. Difficile credere che abbiano dato indicazioni di fare questo.

Nel testo dell’ordinanza oltretutto, all’articolo 3 punto 1A, si dichiara che ogni 2 settimane sarà necessario effettuare ricerche di carcasse. Con i caldo dirompente di questa fine di primavera, dopo 2 giorni un animale morto si è liquefatto sul terreno. E la predazione spargerà i resti (infettivi, ricordiamolo) per centinaia di metri.

Ingenuo chi pensava che con le zone di Roma Natura, aree protette e amici vari si sarebbe permesso di sfoltire con abbattimenti la popolazione di cinghiali. Politicamente, qualcuno ha evidentemente fatto sentire la propria voce. Infatti le proteste per gli abbattimenti erano su tutti i giornali e su tutti i siti web da settimane. E questo è il risultato. D’altronde il piano di porre delle reti davanti ai punti d’ingressi dei cinghiali era cosa già proclamata a Roma fin da aprile, dall’assessore all’Ambiente Sabrina Alfonsi. Almeno, si faceva riferimento specifico a reti elettrosaldate e interrate. Saranno inoltre collocate gabbie per la cattura dei cinghiali che entreranno attraverso questi passaggi. Non è chiaro quale sarà poi il destino dei cinghiali così catturati: abbattimento differito dopo averne constatato le condizioni? Ma il patimento per l’animale sarà comunque alto, ben superiore rispetto a quanto avviene con la selezione. Il numero dei cinghiali catturati sarà, inoltre, sempre troppo basso, come riscontrato finora con tali tecniche. E non inciderà per nulla sul contenimento necessario. Ma davvero si pensa che un cinghiale utilizzi un punto d’ingresso e non ne realizzi un altro quando ha capito l’insidia? Rifiuti a tonnellate, cinghiali in ultra-sovrannumero e tutto sarà come prima. E ancora c’è ancora qualcuno che dà la colpa ai cacciatori per i cinghiali importati negli anni Cinquanta….