Porto d’armi scaduto: cosa fare se si detengono armi?

Molti tra coloro i quali sono appassionati d’armi (che si dedichino alla caccia, al tiro sportivo, al collezionismo) coltivano la propria passione acquistando e cedendo le armi della propria collezione, andando al poligono o a caccia, acquistando munizioni. Tutte attività per le quali è ovviamente necessario avere un porto d’armi in corso di validità. Può tuttavia arrivare un momento nella vita nel quale, vuoi per impegni lavorativi, vuoi per età, vuoi per malattia o altro, il titolare del porto d’armi lo lascia scadere, senza avere la possibilità o il desiderio di rinnovarlo immediatamente. Nello stesso tempo, però, continua a detenere le armi già acquistate e denunciate. Cosa succede, in quel caso? Sono previsti specifici adempimenti, dalla legge? E cosa accade nel momento in cui non li si rispetta?

L’obbligo fondamentale per quanto riguarda la questione è quello stabilito dall’articolo 38 del Tulps, il quale dice che “Chiunque detiene armi comuni da sparo senza essere in possesso di alcuna licenza di porto d’armi, ad eccezione di coloro che sono autorizzati dalla legge a portare armi senza licenza e dei collezionisti di armi antiche, è tenuto a presentare ogni cinque anni la certificazione medica prevista  dall’articolo 35, comma 7, secondo le modalità disciplinate con il decreto di cui  all’articolo 6, comma 2, del  decreto  legislativo 26 ottobre 2010, n. 204”. E ancora: “Qualora il detentore risulti titolare di licenza di porto d’armi, l’obbligo di presentazione del certificato decorre dalla scadenza della stessa, se non rinnovata. Nel caso di mancata presentazione del certificato medico, il prefetto può vietare la detenzione delle armi denunciate, ai sensi dell’articolo 39”.

Il decreto legislativo 104 del 2018, nello specifico, ha stabilito che il certificato medico deve essere richiesto secondo la seguente modalità: “l’adempimento di cui all’articolo 38, quarto  comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, come modificato dal presente decreto, è assolto presentando un certificato rilasciato dal settore medico legale delle Aziende sanitarie locali, o da un medico militare, della Polizia di Stato o del Corpo nazionale  dei vigili del fuoco, dal quale risulti che il richiedente non è affetto da malattie mentali oppure da vizi che ne diminuiscono, anche temporaneamente, la capacità di intendere e di volere”.

In altre parole: quando scade il porto d’armi, insorge dallo stesso giorno l’obbligo di presentare un certificato medico, rilasciato da un medico dell’Asl o da un medico militare (sulla base dell’esibizione del certificato anamnestico del medico di base) dal quale risulti che non si è pazzi. Il certificato quindi, rispetto a quello previsto per il rinnovo del porto d’armi, non prevede per esempio che vi siano soglie minime di vista o udito, e così via.

Cosa succede se non si presenta il certificato medico? Succede che il prefetto può disporre il divieto di detenzione delle armi. Può farlo senza alcun tipo di avvertimento preventivo? In realtà no, perché sempre il decreto legislativo 104 del 2018, nel prevedere il termine di 12 mesi entro i quali i cittadini con il porto d’armi scaduto avrebbero potuto regolarizzare la propria posizione con l’esibizione del certificato medico in questione, ha stabilito anche che “Decorsi i dodici mesi è sempre possibile la presentazione del certificato nei 60 giorni successivi al ricevimento della diffida da parte dell’ufficio di pubblica sicurezza competente”. Quindi, la polizia e i carabinieri non possono direttamente presentarsi a casa del detentore di armi e portare via tutto, magari all’alba: prima devono presentare formale diffida a presentare il certificato medico e solo dopo 60 giorni dalla notifica della diffida, sarà loro possibile procedere al ritiro delle armi.