Ma quanto è flessibile il nostro Obama

Barak Obama, il candidato democratico per la presidenza degli Stati Uniti d’America, cambia pelle più rapidamente di un trasformista. Attento a cogliere la più lieve brezza di vento politico e più che mai intenzionato a convincere l’elettorato di essere l’uomo giusto per tutte le stagioni, sta in compenso dimostrando una sconcertante ambivalenza sui temi di più recente attualità. Un esempio su tutti: prima che la corte suprema dichiarasse incostituzionale il diviet… Barak Obama, il candidato democratico per la presidenza degli Stati Uniti d’America, cambia pelle più rapidamente di un trasformista. Attento a cogliere la più lieve brezza di vento politico e più che mai intenzionato a convincere l’elettorato di essere l’uomo giusto per tutte le stagioni, sta in compenso dimostrando una sconcertante ambivalenza sui temi di più recente attualità. Un esempio su tutti: prima che la corte suprema dichiarasse incostituzionale il divieto di portare armi nel district of Columbia (sancendo il fatto che il secondo emendamento della costituzione tutela un diritto individuale), Obama aveva dichiarato di fronte all’elettorato di Chicago che per lui il bando sulle armi del distretto era perfettamente conforme alla legge. Salvo, dopo la sentenza, dichiararsi “perfettamente d’accordo” con la decisione della corte. Sulle armi, Obama sta dimostrando un’ambiguità che i suoi detrattori gli hanno già rimproverato su altri temi importanti, come il finanzamento pubblico alla campagna elettorale, l’accordo Nafta, l’immunità per le compagnie di telecomunicazione nelle intercettazioni post-11 settembre, il dialogo con il leader iraniano Ahmadinejad. E anche sulla presenza dei militari Usa in Iraq, sembra si stia preparando un altro giro di valzer: durante le primarie, infatti, Obama aveva espresso l’impegno di ritirare le truppe entro un termine di 16 mesi. Più di recente, invece, ha spiegato che la sua posizione originaria era dettata “dalla necessità di essere sicuri che le nostre truppe siano al sicuro e che l’Iraq abbia la sua stabilità”, riservandosi di chiarirsi ulteriormente le idee dopo una visita personale nel Paese alle prese con il dopo-Saddam.