L’olimpiade scricchiola sempre più

Solo ieri l’ipotesi formale di slittamento di 4 settimane, ma sembra che per l’Olimpiade di Tokio 2020 si profili il rinvio a data da destinarsi

L’esecutivo del Comitato internazionale olimpico, riunitosi ieri in teleconferenza, si è preso fino al 15 di aprile per prendere una decisione su cosa fare con l’Olimpiade di Tokio 2020: tra le ipotesi formulate, che consentirebbero comunque di svolgere i giochi, ci sarebbe lo slittamento di quattro settimane della cerimonia di apertura, quindi con inizio il 25 agosto anziché il 24 luglio, oppure una edizione dei giochi “ridotta” o, anche, a porte chiuse. Già oggi, tuttavia, queste proposte (che sono ancora solo ipotesi) potrebbero già risultare sorpassate dall’evoluzione della situazione: il premier giapponese Shinzo Abe (padrone di casa…) ha per la prima volta parlato esplicitamente di un rinvio a data da destinarsi, mentre il Canada ha in queste stesse ore fatto sapere che, nell’ipotesi di una edizione agostana, non manderà i propri atleti, mentre un sondaggio on-line tra i 300 atleti statunitensi coinvolti ha raccolto un 70 per cento di consensi al rinvio a data da destinarsi. Le motivazioni sono da ricercarsi innanzi tutto nei rischi insiti nella situazione sanitaria ma, come ha fatto notare il premier Abe, c’è anche il fatto che, qualora ad agosto la situazione fosse ormai risolta, in questi mesi gli atleti in molti casi si troverebbero in aree nelle quali non sarebbe possibile, o comunque agevole, allenarsi correttamente. “Se è difficile tenere i giochi in questo modo, dobbiamo decidere di rimandare, dando priorità alla salute degli atleti”, ha dichiarato Abe, specificando anche però che “siamo dell’opinione che la cancellazione non sia un’opzione”.