La Toscana prima per numero di cacciatori
La Toscana è ancora la regione con il maggior numero di cacciatori di tutto il Paese, nonostante siano passati dai 270 mila d’inizio anni Ottanta ai 105 mila attuali, rispetto ai 700 mila a livello nazionale. Per questo la Regione ha organizzato la prima conferenza toscana sulla caccia. «Ormai da un anno è stato avviato un confronto con tutti i soggetti interessati, associazioni di categoria, enti locali, istituti di ricerca scientifica», ha ricordato Paolo Banti, dir…
La Toscana è ancora la regione con il maggior numero di cacciatori di tutto il
Paese, nonostante siano passati dai 270 mila d’inizio anni Ottanta ai 105 mila
attuali, rispetto ai 700 mila a livello nazionale. Per questo la Regione ha
organizzato la prima conferenza toscana sulla caccia. «Ormai da un anno è stato
avviato un confronto con tutti i soggetti interessati, associazioni di
categoria, enti locali, istituti di ricerca scientifica», ha ricordato Paolo
Banti, dirigente del settore in Regione, presentando il documento programmatico
messo in discussione nella conferenza. «Ora è arrivato il momento di concordare
e chiudere per riformare e adeguare la caccia ai nuovi , mutati contesti
ambientali, climatici, ma anche culturali. L’esempio più evidente di questi
mutamenti è la situazione creatasi con il cinghiale e in genere con la grossa
fauna ungulata: cervi, daini, caprioli. Nonostante l’impegno e anche i
risultati ottenuti riguardo al controllo delle popolazioni e all’impatto sulle
coltivazioni agricole, il contesto ambientale è diventato particolarmente
favorevole a queste specie, in particolare per il cinghiale. Si può ormai ben
parlare di uno squilibrio faunistico in atto, occorre pertanto riportare la
situazione a livelli sostenibili di densità delle presenze ed eliminare la
possibilità di danni arrecati alle coltivazioni. Questa è la prima sfida, e il
primo obiettivo che va raggiunto ad Arezzo: la Regione si impegna a ridurre da
subito la popolazione dei cinghiali, ed entro due anni i livelli della fauna
ungulata dovrà essere riportata a livelli sostenibili dal territorio. Già oggi
ammontano a circa 80 mila gli abbattimenti all’anno di ungulati (65 mila sono i
cinghiali). Poteri straordinari saranno attribuiti alle amministrazioni
provinciali per far fronte a situazioni locali di emergenza a tutela delle
coltivazioni. Occorre costruire una cultura della prevenzione che deve
articolarsi a partire dal divieto di foraggiamento dei cinghiali fino
all’apertura di tutti i territori, comprese le aree a divieto di caccia, alla
possibilità di intervento venatorio per l’abbattimento dell’eccesso di
presenze. Accanto a questo deve essere sollecitata ed incrementata la
partecipazione dei cacciatori di ungulati alla gestione della specie, in
stretto rapporto con le esigenze specifiche recepibili dal territorio. Ma per
questo vanno anche ripensate e rese omogenee a livello regionale le modalità
formative e di esame per l’abilitazione alla caccia di selezione, forma
venatoria che deve crescere ed espandersi anche perché propone al cacciatore un
modo diverso di esercitare la sua attività. Accanto alle azioni attive, vanno
concretizzate quelle passive di prevenzione. Agli agricoltori che si
impegneranno nella predisposizione e nella manutenzione delle opere di
prevenzione, studiate di concerto con amministrazioni provinciali e ATC,
saranno riconosciute forme di incentivazione. Saranno anche avviate forme di
“filiera corta” per i prodotti derivati dagli abbattimenti: si tratta di
prodotti del tutto integrati con la tradizionale produzione regionale, e quindi
in grado di utilizzare canali commerciali già esistenti».