La sicurezza del G7

Ben settemila uomini e donne impiegati per garantire la sicurezza dei capi di Stato delle sette potenze economiche mondiali. C'erano tutte le nostre forze d'élite Il G7 di Taormina si è appena concluso ed è stato smantellato l'eccezionale dispositivo di sicurezza per il quale sono stati mobilitati settemila uomini e donne delle forze di sicurezza: polizia di Stato, carabinieri, esercito, guardia di finanza e anche le polizie locali.
Taormina (Me) sorge su un rilievo affacciato sul mare e vi si può accedere solo da due punti e questo la rende ben difendibile: da questi due varchi, infatti, si poteva salire alla città solo se autorizzati. Varchi presidiati dall'esercito con blindati Lince. Il ruolo dell'esercito è stato quello di fornire le risorse per il presidio del territorio: molti i militari con il regolamentare fucile d'assalto Beretta Arx, ma anche con un insolito manganello, posizionati in numerosissimi posti di controllo in tutta l'area.
Superato il controllo dei varchi a livello del mare il vero e proprio centro di Taormina era accessibile solo sottoponendosi ad altri controlli con metaldetector.
Navi della marina militare incrociavano al largo e moto d'acqua pattugliavano sotto costa. Un'aliquota del Gruppo d'intervento speciale dei carabinieri ha fatto parte del sistema come forza speciale da impiegare nel caso di crisi che richiedessero capacità superiori. Insieme al Gis, anche un certo numero di appartenenti del Tuscania. Per la protezione dei capi di Stato hanno provveduto le nostre istituzioni ma Donald Trump, oltre al Nucleo operativo centrale di sicurezza della polizia di Stato, era seguito anche dagli agenti dei suoi servizi segreti con uno sfoggio d'equipaggiamento sproporzionato e addirittura irrispettoso nei confronti della sicurezza offerta dal nostro Paese.