L’anticaccia diventa cacciatrice

“E pensare che ero stata sempre contro la caccia…”. Confessa il suo “peccato originale”, che l’ha accompagnata per oltre quarant’anni, Wilma Vettorel, trevigiana, dal 2010 cacciatrice e da quest’anno presidente del circolo Arcicaccia di Mareno che conta 104 cacciatori

“E pensare che ero stata sempre contro la caccia…”. Confessa il suo “peccato originale”, che l’ha accompagnata per oltre quarant’anni, Wilma Vettorel, trevigiana, dal 2010 cacciatrice e da quest’anno presidente del circolo Arcicaccia di Mareno che conta 104 cacciatori, tutti uomini.

“Una scelta difficile – ci dice Wilma – perché si trattava di prendere il posto di Ferruccio Carnielli, indimenticabile dirigente dell’associazione che ha segnato positivamente, per più lustri, con le battaglie dell’Arcicaccia che lo hanno visto in prima fila, la storia della caccia come piace a me: responsabile, legata alla gestione e alla conservazione della fauna. Con Ferruccio sono andata a caccia per due anni. Imparo da lui la caccia col cane a lepri e a fagiani, a rispettare le regole e le distanze, a conoscere le zone, a considerare il lavoro degli agricoltori, a capire sempre di più cos’è la caccia, chi sono i cacciatori e perché occorre combattere i bracconieri e la cultura della rapina e della distruzione che portano con sé”.

“Un percorso davvero lungo visto che anche nella famiglia c’era una certa ostilità. Fin da bambina sentivo il mio papà che ne diceva di tutti i colori contro i cacciatori che attraversavano i suoi territori e dall’orto e dagli alberi sparivano anche ortaggi e frutti. Chissà se poi la colpa era da attribuire sempre e comunque ai cacciatori”.

“Poi un giorno – racconta Wilma – incontro per caso un giovanotto che parla di caccia e tiene i corsi per l’abilitazione venatoria vicino a casa nostra. Mio figlio appassionato di armi inizia a frequentare le lezioni di Dario Buscema che ad un certo punto mi invita a seguire il corso che approfondiva i temi dell’ecologia, dell’ambiente, della biologia, della caccia sostenibile e dell’etica venatoria. Inizia dunque per caso la mia storia di cacciatrice. Da allora mi si è aperto un nuovo mondo che prima non conoscevo se non per sentito dire e che disprezzavo apertamente. A dicembre del 2010 ho preso la licenza di caccia, quella base perché il permesso per la zona Alpi l’ho ottenuto dopo e ancor più successivamente, in Friuli, l’abilitazione per la caccia di selezione oltre che nella forma tradizionale”.

“Grazie a questo straordinario docente e a quello che poi ho visto ho preso coscienza di una cosa fondamentale: la caccia non è il male, anzi se gestita nel modo giusto e responsabile contribuisce al mantenimento e alla conservazione delle specie selvatiche e degli habitat e può essere decisiva nel controllo delle specie invasive e opportuniste. Ha ragione il contadino quando segnala i danni per colpa dell’imperizia (e non solo) dei cacciatori ma si rivolge, almeno nei nostri territori, all’amico cacciatore quando volpi, cinghiali, nutrie e altre specie diventano un grave problema per le sue coltivazioni”.

“Lo dico con fermezza e vorrei che fosse chiaro a tutti – prosegue Wilma – uno dei grandi problemi oltre al bracconaggio è il cacciatore non corretto, spesso arrogante e poco informato, che attraverso comportamenti e azioni di cattiva gestione, anche in contrasto con la legge, fornisce all’opinione pubblica un’immagine odiosa del mondo venatorio. Quei cacciatori sono da educare o da fermare. Fanno male alla caccia”.