In Umbria, caricatori delle carabine sotto attacco

L’allarme è stato lanciato dall’Anlc: il comando provinciale di Perugia del corpo forestale dello Stato pretenderebbe di considerare tra i mezzi vietati per la caccia le carabine semiauto a canna rigata con caricatore contenente più di due colpi. A conforto di questa tesi, il corpo forestale dello Stato cita l’allegato IV della convenzione di Berna, recepita dallo Stato italiano con legge 503/81. “Il corpo forestale”, ribatte l’Anlc, “riapre una polemica che ri… L’allarme è stato lanciato dall’Anlc: il comando provinciale di Perugia del corpo forestale dello Stato pretenderebbe di considerare tra i mezzi vietati per la caccia le carabine semiauto a canna rigata con caricatore contenente più di due colpi. A conforto di questa tesi, il corpo forestale dello Stato cita l’allegato IV della convenzione di Berna, recepita dallo Stato italiano con legge 503/81. “Il corpo forestale”, ribatte l’Anlc, “riapre una polemica che ritenevamo chiusa e chiarita in tutti i suoi aspetti, alla luce di analoga posizione assunta dal coordinamento regionale dell’Umbria del Wwf nel 2004 e per la quale la segreteria provinciale Anlc di Perugia aveva chiesto chiarimenti all’ufficio legislativo del ministero dell’ambiente e tutela del territorio. Il 27 gennaio 2005 la Libera caccia di Perugia ha ricevuto risposta sul parere richiesto, inviato per conoscenza ai competenti assessorati alla caccia regionale e provinciali, che riportiamo nelle sue parti essenziali”. La notizia è stata ripresa dalla Fisat (Federazione italiana storia, armi e tiro), che ha pubblicato un comunicato nel quale chiede all’onorevole Luciano Rossi, presidente dell’intergruppo parlamentare Amici del tiro, della caccia e della pesca “un autorevole intervento a chiarire la corretta applicazione delle normative vigenti”. Nel frattempo, si è aggiunto l’autorevole parere di Ranieri De Maria, responsabile giuridico dell’Anpam: «La disposizione che sembrerebbe impegnare in tal senso lo Stato italiano è contenuta nell’art. 8 della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa adottata a Berna il 19 settembre 1979, eseguita in Italia con legge 5 agosto 1981, n. 503. “In caso di cattura o uccisione di specie di fauna selvatica contemplate all’allegato III, e in caso di deroghe concesse in conformità con l’articolo 9 per specie contemplate all’allegato II, le parti contraenti vieteranno il ricorso […] ai mezzi contemplati all’allegato IV”. Tale allegato comprende, tra i mezzi da vietare per la caccia ai mammiferi, “Armi semi-automatiche o automatiche il cui caricatore può contenere più di due cartucce”. La limitazione del campo di applicazione comporta che, nella sostanza, il divieto di utilizzo delle armi a canna rigata a più di tre colpi (uno in canna e due nel serbatoio) possa disporsi solo con riferimento alle specie previste dall’allegato III, dal momento che le specie enumerate nell’ allegato II non sono soggette al regime di caccia ordinaria. Tra gli animali enumerati dall’allegato III, gli unici idonei a essere catturati con armi ad anima rigata sono quelli appartenenti all’ordine degli artiodactyla, ossia gli ungulati. Tra di essi, alcune specie del sottordine dei bovidi non sono presenti nel territorio nazionale (bison bonasus, capra pyrenaica), una è esclusa dal prelievo venatorio (stambecco) mentre gli altri (muflone, camoscio), sono soggetti al regime di selecontrollo, che non costituisce attività venatoria in senso proprio e per il quale, come è noto, esistono specifiche normazioni relative anche ai mezzi di caccia, che contengono sempre più spesso il divieto dell’uso di armi semiautomatiche. Lo stesso vale per il sottordine dei cervidi, che sono previsti in tutte le specie. Rimane unicamente il sottordine dei suidi, composto nell’allegato da una sola specie, la sus scrofa meridionalis, una sottospecie del cinghiale presente in Corsica e Sardegna. In sostanza, il divieto di utilizzo delle armi a canna rigata a più di tre colpi dovrebbe essere costituito solo per il cinghiale sardo, unica specie dell’ allegato III presente in Italia soggetta a prelievo venatorio ordinario. Tuttavia, come è noto, l’art. 41 della legge regionale della Regione Sardegna 29 luglio 1998, n. 23, dispone al comma 1 che sul territorio regionale “L’ attività venatoria è consentita con l’uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi”, mentre “sono vietate tutte le armi e tutti i mezzi per l’ esercizio venatorio non esplicitamente ammessi” (successivo comma 3). Appare evidente, pertanto, che l’Italia non può considerarsi inadempiente in relazione al divieto in parola, poiché tutte le specie presenti sul territorio nazionale che esso dovrebbe esser chiamato a salvaguardare sono in realtà protette da legislazione, nazionale o regionale, di maglie assai più strette». [

] Ecco il testo del parere ministeriale formulato dal capo dell’ufficio legislativo del ministero, Claudio Iafolla: OGGETTO: parere UL/2005/808 su numero massimo di colpi contenuti nei caricatori delle armi comuni da sparo per uso venatorio utilizzabili nell’attività venatoria (ex articolo 13, commi 1 e 2, legge 157/92. “Stante la premessa sopra riportata (art. 1, art. 8, ALLEGATO IV Direttiva 79/409 CEE e art. 13 legge 157/92), si ritiene che il parere di questo Ufficio, in merito alla problematica in oggetto, sia che non vi sono limiti ai colpi contenuti nel caricatore di un’arma comune da sparo per uso venatorio a canna rigata, essendo tale limitazione prevista solamente per le armi a canna liscia”. “Si ritiene comunque sottolineare che il limite per il numero dei colpi contenuti nel caricatore esiste, secondo il disposto previsto dalle vigenti norme in materia di armi (Legge 110/75-Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi).” “Trattandosi di armi comuni da sparo a canna rigata, sottoposte ad una procedura di catalogazione che prevede tra l’altro che sia riportato in Gazzetta Ufficiale il numero dei colpi contenuti nel caricatore, l’eventuale uso di un caricatore contenente un NUMERO MAGGIORE DI COLPI DI QUELLO PREVISTO IN FASE DI CATALOGAZIONE, è sanzionabile penalmente.” “Chiunque, alterando in qualsiasi modo le caratteristiche meccaniche o le dimensioni di un’arma, ne aumenti la potenzialità di offesa, ovvero ne renda più agevole il porto o l’uso o l’occultamento è punito penalmente ai sensi delle leggi vigenti”. “Al riguardo, si ritiene opportuno inoltre riportare le massime giurisprudenziali attinenti il parere in oggetto: Cass. Pen. Sez. III, 18 maggio 1999, n. 1897-Cass. I, 29/07/99, n.1897-Sez. 3 Sent. 03316 del 06/12/99-Sez. I Sent. 06191 del 25/06/97”.