Il ministero regolamenta il Paintball. Al solito modo…

Il ministero dell’Interno ha pubblicato il regolamento che disciplina l’acquisto, la detenzione e l’uso dei “marcatori” per il Paintball. Purtroppo l’approccio è sempre il medesimo…

Con decreto n. 20 del 17 febbraio 2020, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 86 del 31 marzo 2020, il ministero dell’Interno ha pubblicato la regolamentazione sull’acquisto, la detenzione, il trasporto, il porto e l’impiego dei cosiddetti “marcatori”, cioè gli strumenti ad aria compressa che sparano sfere macchianti, utilizzati nella disciplina sportiva del Paintball.

Purtroppo, dalla lettura del decreto in oggetto, si riscontrano alcune incongruenze tecnico-giuridiche che potranno comportare perplessità e incertezze applicative. È, tuttavia, l’allegato al decreto, con il quale vengono disciplinate le caratteristiche che devono possedere i “campi attrezzati” nei quali si possa praticare l’attività agonistica o amatoriale con i cosiddetti “marcatori” a destare le maggiori perplessità. Ma procediamo con ordine…

Le caratteristiche dei “marcatori” per il Paintball sono state inserite per la prima volta nell’articolo 2 della legge 110/75 dal decreto legislativo 121 del 2013, con il quale si è definito il calibro, che deve essere compreso tra i 12,7 e i 17,27 mm, e l’energia cinetica massima, che non deve superare i 12,7 joule, fermo restando che quelli con potenza superiore ai 7,5 joule possono essere utilizzati solo ed esclusivamente per l’attività “agonistica”. Nel medesimo decreto legislativo era prevista, per l’appunto, l’emanazione di un decreto del ministro dell’Interno con il quale definire le disposizioni per acquisto, detenzione, trasporto e porto per gli strumenti da utilizzare per l’attività “amatoriale” e per quella “agonistica”.

Innanzi tutto il decreto si preoccupa (articolo 2) di definire, di conseguenza, quale sia la differenza tra l’attività agonistica e quella amatoriale, specificando che la prima è “l’attività svolta con gli strumenti marcatori di cui all’articolo 1, comma 1, in campi attrezzati, nell’ambito di attività sportive, praticate con allenamenti costanti e partecipando a gare o incontri, organizzati da associazioni, enti, società o soggetti privati, aventi come finalità quella di promuovere la pratica sportiva”, mentre l’attività amatoriale è “l’attività svolta con gli strumenti marcatori di cui all’articolo 1, comma 1, per divertimento o passione, in campi attrezzati, per motivi di intrattenimento o svago”.

Già qui emergono le prime perplessità: innanzi tutto, vista la genericità e, vorremmo dire, fumosità delle definizioni di attività agonistica e attività amatoriale, non è che sia poi così chiaro o semplice capire quando finisca l’una e cominci l’altra. In altre parole: una sessione di “svago”, non costituisce mai “allenamento”? E viceversa?

Al di là di questi aspetti, la perplessità più grande, ribadita peraltro negli articoli successivi, è che per gli strumenti di potenza inferiore, destinati quindi all’attività “amatoriale”, non risulta alcuna differenziazione in termini di requisiti per l’acquisto (maggiore età ed esibizione di un documento valido) ma soprattutto in termini di possibilità di impiego, rispetto a quelli di potenza superiore ai 7,5 joule. L’articolo 6 del decreto non lascia possibilità di interpretazione: “L’utilizzo degli strumenti marcatori da impiegare nell’attività amatoriale e in quella agonistica è consentito esclusivamente nei campi attrezzati”.

Appare quindi evidente da un lato la sperequazione rispetto alle armi ad aria o gas compressi di modesta capacità offensiva, verso le quali è consentito l’impiego in un qualsiasi luogo idoneo non aperto al pubblico, ma questa sperequazione può senz’altro giustificarsi con il fatto che i “marcatori” sono destinati all’impiego contro un altro giocatore e, quindi, anche se di modesta potenza, si vuole essere certi che non si verifichino lesioni nei confronti delle persone. Dall’altro lato, tuttavia, appare a questo punto misterioso perché si sia ritenuto di avere due distinte classi di armi quando sia l’attività agonistica, sia quella amatoriale devono essere svolte con le medesime modalità, cioè in campi attrezzati e sotto la sorveglianza degli “assistenti di campo”. L’unico effetto di queste disposizioni è costringere le aziende produttrici e importatrici, nonché il Banco nazionale di prova (al quale spetta, analogamente alle aria compressa di modesta capacità, la verifica tecnica dei prototipi) a fare una doppia serie di omologazioni, quando nei fatti gli unici strumenti che saranno acquistati e utilizzati saranno quelli sopra i 7,5 joule, salvo ovviamente per quegli impianti che svolgano solo ed esclusivamente attività amatoriale e non anche agonistica.

Altra stranezza contenuta nel decreto è all’articolo 4, laddove si specifica che “Gli strumenti marcatori di cui al comma 1 devono essere detenuti e custoditi con la dovuta diligenza, al fine di evitare che se ne possano impossessare soggetti terzi”. Si tratta di una ulteriore sperequazione rispetto alle armi ad aria o gas compressi di modesta capacità offensiva (per le quali non è previsto analogo dovere di diligenza), fermo restando che la violazione a questa disposizione appare, per di più, sprovvista di sanzione.

Nell’articolo 6 del decreto c’è una precisazione importante e sicuramente positiva, relativa all’età dei praticanti il Paintball: devono essere maggiorenni, ma anche i maggiori di 14 anni possono essere ammessi, purché sotto la sorveglianza e con il consenso dell’esercente la potestà genitoriale. Meno positiva è la precisazione, dello stesso articolo 6, secondo la quale “Ove i campi attrezzati siano realizzati in luoghi pubblici o aperti al pubblico, il loro utilizzo deve essere autorizzato ai sensi dell’articolo 68 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza”. Qui si pone un problema non piccolo di compatibilità costituzionale, atteso il fatto che ancora nel lontano 1970, con sentenza n. 56 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 22 aprile 1970, la Corte costituzionale aveva già sancito l’incostituzionalità dell’articolo 68 Tulps “nella parte in cui si prescrivono che per i trattenimenti da tenersi in luoghi aperti al pubblico e non indetti nell’esercizio di attività imprenditoriali, occorre la licenza del questore”.

Il decreto include due allegati, denominati A e B. Il secondo rende conto alle aziende di quali saranno gli oneri previsti per la presentazione del prototipo al Banco di prova. L’allegato A, invece, funge da regolamento per il dimensionamento dei campi attrezzati nei quali svolgere l’attività agonistica e amatoriale. Già come si è verificato con le famose “bozze” per i campi di tiro privati nei quali si svolge l’attività a fuoco, anche in questo caso l’impressione è che i requisiti richiesti siano talmente stringenti da rendere molto difficoltosa la pratica del Paintball in molti impianti all’aperto oggi esistenti in Italia. Ci riferiamo in particolare all’obbligo di cintare tutta l’area di gioco con reti alte non meno di 4,5 metri, con maglie più fitte rispetto al calibro dei marcatori, integrate da cartelli di avviso posti a 1,5 metri su tutto il perimetro. Anche se, bontà sua, il ministero consente l’impiego di “arene gonfiabili” al posto delle reti, le disposizioni in questione appaiono decisamente onerose dal punto di vista economico, tali da far pensare che con questo decreto il Paintball risulterà molto difficile da svolgere in aree all’aperto di una qualche estensione e potrà essere svolto solo in aree al coperto o, comunque, di superficie molto limitata. Tanto più considerando che per i campi attrezzati già esistenti, è concesso un termine di adeguamento di soli 180 giorni.

La conclusione che si può trarre da una prima lettura di questo decreto è che… il lupo perde il pelo ma non il vizio. È chiaro ed evidente che il compito del ministero dell’Interno, volto a garantire l’esercizio in sicurezza di una attività sportiva potenzialmente pericolosa, non sia semplice. Ciò (doverosamente) premesso, appare altrettanto evidente un persistente compiacimento per la burocrazia fine a se stessa, e parliamo in particolare della questione dei due differenti livelli di potenza, accomunati però dalle medesime “regole di ingaggio”; una completa noncuranza del passato (parliamo in questo caso delle pronunce della Corte costituzionale) e una discreta indifferenza alla realtà economica e concreta degli operatori del settore (pensiamo in particolare agli adempimenti previsti per l’adeguamento dei campi).

Auspichiamo che per gli operatori professionali siano possibili margini di dialogo con le istituzioni preposte, e di miglioramento di questo documento (salvo il fatto che non si parla di una bozza, bensì ormai di un atto avente forza di legge che entrerà in vigore il 15 aprile prossimo) e che non sia, invece, suonato il de profundis.

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