Il Banco risponde alle critiche di Armi e Tiro

Il direttore del Banco nazionale di prova, Antonio Girlando, ha diramato un comunicato nel quale risponde alle osservazioni che Armi e Tiro (con gli articoli di ottobre, ma anche novembre) e gli appassionati gli hanno rivolto negli ultimi mesi, i primi in cui il Banco è chiamato a valutare la natura di “arma comune” delle armi di nuova produzione o importazione

Il direttore del Banco nazionale di prova, Antonio Girlando, ha diramato un comunicato (clicca sull’allegato per leggerlo) nel quale risponde alle osservazioni che Armi e Tiro (con gli articoli di ottobre, ma anche novembre) e gli appassionati gli hanno rivolto negli ultimi mesi, i primi in cui il Banco è chiamato a valutare la natura di “arma comune” delle armi di nuova produzione o importazione. In particolare, Girlando ribadisce l’attuale posizione del Banco, volta a non classificare “armi comuni” le armi corte camerate in calibri militari per arma lunga, citando gli articoli 1 e 2 della legge 110/75. Al di là delle considerazioni introduttive, che vogliono fornire una “cornice storico-tecnica” al ragionamento ma introducono, invece, valutazioni di tipo squisitamente soggettivo (e in alcuni casi anche fantasiose), il direttore del Banco ribadisce anche la correttezza della scelta non solo di non classificare le armi corte in calibri “militari lunghi”, ma anche la scelta (recente) di rifiutare la classificazione di alcune armi lunghe camerate in calibri ritenuti “militari ed esuberanti”, come .408 Chey tac, .460 Steyr e via discorrendo. Per quanto ci riguarda, ecco quanto ci sentiamo di rispondere:

Come già abbiamo avuto modo di dire, sappiamo che la situazione in cui il direttore del Banco è stato precipitato dalla legge del “dopo-catalogo nazionale” non è certamente semplice, né voluta. Il punto, però, è che se la legge, quella stessa legge alla quale fa puntuale riferimento, dice cose ben precise, è altrettanto vero che il Banco di prova non sembra applicarla con la necessaria coerenza. L’esempio più lampante è proprio quello dell’articolo 2 della legge 110/75, che esplicitamente CONSENTE la classificazione quali armi comuni di carabine camerate in calibri militari, purché abbiano limitata capacità di fuoco e presentino “specifiche caratteristiche per l’effettivo impiego per uso di caccia o sportivo”. Quindi, a che pro tirare in ballo la presunta minore o maggiore potenza di questi calibri rispetto al .338 Lapua che il direttore ha trovato sul sito dell’esercito italiano, quando il calibro è espressamente consentito dalla legge 110/75? Saranno eventualmente le caratteristiche dell’arma (che dovranno essere “specifiche per l’uso sportivo”) a dover essere vagliate, non certamente le caratteristiche del calibro. A sua volta, dall’esame degli articoli 1 e 2 della legge 110/75, citati, non emerge alcun elemento valido per rifiutare la "classificazione" del revolver Smith & Wesson calibro .500, che invece espressamente ha dichiarato di non voler "classificare".

Il nostro problema non è certo (né potrebbe esserlo) quello di piegare le leggi a nostro piacimento, sarebbe però quantomeno opportuno che TUTTI facessero altrettanto. Questo, per quanto riguarda la recente attività del Banco, non è accaduto. Girlando conclude il suo intervento auspicando che i produttori o gli importatori coinvolti denuncino il Banco, facendo così in modo che sia un magistrato a togliere le castagne dal fuoco fornendo la “copertura” giudiziaria. Noi riteniamo invece che il Banco di prova abbia l’esperienza e le conoscenze tecniche più che sufficienti per qualsiasi decisione. Se però manca il coraggio di assumersi le relative responsabilità, non ci sarà mai giudice che tenga.