Fitds contesta il “candidaticidio”

Il commissario straordinario della Fitds non ha gradito la nostra denuncia sulle rinunce di alcuni candidati per le prossime elezioni. Sarebbero originate da verifiche “dovute” che hanno messo in luce la mancanza di requisiti

Lo scorso 13 ottobre questo stesso sito ha pubblicato l’articolo intitolato “Lo scontro si fa sempre più duro” che aveva lo scopo di aggiornare sulle elezioni del 22 novembre della disciplina sportiva associata Fitds, cercando di spiegare le strane rinunce di almeno tre candidati. Le informazioni contenute nell’articolo, naturalmente provenienti da fonti accertate e verificate, non sono state gradite dal commissario straordinario, Paolo Sesti. Ecco la sua replica indirizzata a me: “Ovviamente nessun “candidaticidio” – un neologismo che non appartiene certo alla mia mentalità e al mio passato (e peraltro fa riferimento ad un termine non contemplato dal nostro vocabolario) – è stato posto in essere. Tutte le candidature pervenute entro i termini previsti dall’art.15 c. 2 dello statuto sono state regolarmente pubblicate. Ovviamente, come prescrive lo statuto della Federazione e l’ordinamento del Coni, tutti coloro che hanno presentato la candidatura sono stati sottoposti alla verifica di candidabilità ed eleggibilità. Sono stati pertanto avviati vari accertamenti per poter confermare la validità delle candidature: è stato chiesto alla procura federale di comunicare eventuali cause di incandidabilità e/o ineleggibilità note (o risultanti dal casellario federale) ed agli Enti datori di lavoro se sussistessero le eventuali autorizzazioni per lo svolgimento dell’incarico.

Si tratta semplicemente di atti dovuti, anche a salvaguardia dei diritti di terzi e per evitare possibili ricorsi successivi. Parallelamente a questa attività c’è stata poi una frenetica attività di impulso – spesso sotto forma anonima – verso la procura federale: al riguardo credo doveroso informarLa che, a quanto mi consta, le denunce pervenute hanno riguardato numerosi candidati (anche non appartenenti alla ‘cordata’ citata nel Suo articolo e compresi anche alcuni componenti del gruppo di lavoro) e personalmente mi sono limitato a collaborare con la procura inviando tutta la documentazione richiesta.

Respingo dunque fermamente qualsiasi ipotesi di strumentalizzazione della procura federale e trovo gravemente offensiva dell’immagine della Federazione che rappresento la frase di “singolare coincidenza” tra alcune candidature e le indagini ed i deferimenti. Sia il sottoscritto, con la sua storia, sia i componenti del gruppo di lavoro, della procura e del tribunale federale, con il loro lavoro preciso e puntuale, hanno operato e continuano ad operare seguendo una serie di norme che forse qualcuno non conosce o, più probabilmente, finge di non conoscere. Anziché pubblicare illazioni, La invito ad approfondire con i diretti interessati (che vengono definiti nell’articolo “pezzi da novanta”) le ragioni che li hanno spinti a rinunciare alle candidature. Prego voler pubblicare il contenuto della presente con le modalità previste”.

Non piacerà, ma il termine “candidaticidio”, che come neologismo non deve per forza essere contemplato nel nostro vocabolario, descrive l’atmosfera che candidati in corsa per dirigere la prossima Fitds hanno voluto esprimere e che abbiamo riportato. Ora armietiro.it naturalmente pubblica con le “modalità previste”, la replica del commissario Sesti, ma tengo a precisare, a chi eventualmente non conoscesse le regole basilari della professione, che i giornalisti sono tenuti a rispettare la verità sostanziale dei fatti e a riportare imparzialmente quelli di cui vengono a conoscenza. Esercitando il diritto di cronaca e di critica, sancito dalla Costituzione italiana. Cosa che non dovrebbe sfuggire a chi si appresta a candidarsi alla guida di una disciplina sportiva associata attualmente commissariata. La competizione elettorale deve essere obiettiva e paritaria, si deve ispirare a principi di democrazia. Come sostiene proprio il Coni.

Il Coni stesso e lo statuto della Fitds, almeno quello che mi risulta vigente, approvato nel giugno del 2019, si occupa dei requisiti di eleggibilità alle cariche federali all’articolo 48 e di incompatibilità all’articolo 49. Non abbiamo letto riferimenti all’incandidabilità, citata spesso da Sesti, e non vorrei si trattasse ancora di coincidenza l’uso di un termine negativo invece di uno positivo. Rimandiamo i lettori più attenti all’esegesi dei due articoli che descrivono i requisiti che i candidati devono possedere e che autocertificano all’atto della candidatura. In buona sostanza, si tratta di criteri di onorabilità e professionalità, i candidati non devono avere riportato condanne penali, squalifiche o inibizioni sportive, non devono aver violato le norme antidoping, soprattutto non devono avere conflitti d’interesse di qualsivoglia tipo. Se sussistono situazioni di questo tipo, se manca o viene a mancare anche uno solo dei requisiti richiesti, è giusto, come recita il comma 11 dell’articolo 48, che l’eletto decada immediatamente dalla carica. Ma non ho letto da nessuna parte che la procura federale debba fare verifiche e indagare preventivamente sulla sussistenza di questi requisiti, se non eventualmente quelle interne nel “casellario federale”. Saranno anche “atti dovuti”, ma in base a quale legge? D’altra parte potrebbe anche sembrare poco indipendente, la procura federale, qualora poi agisse esclusivamente nei confronti di alcuni. A chiunque legga obiettivamente quanto scritto da Sesti, dovrebbe apparire quantomeno strana la verifica della sussistenza di autorizzazioni da parte dei datori di lavoro dei candidati. La procura federale dovrebbe, cito dall’articolo 40 dello Statuto Fitds, “promuovere la repressione degli illeciti sanzionati dallo Statuto e dalle norme federali”, non prevenire o indagare sui candidati. Perché il pregiudizio magari non c’è, ma pare brutto anche solo intravederlo.

Siamo qui per approfondire quanto possiamo con i candidati e con tutti i “pezzi da novanta” e non solo perché è il nostro mestiere, ma anche perché su questo siamo giudicati. Dai lettori, però, non da Sesti. Per l’imparzialità, per come sappiamo descrivere secondo verità sostanziale dei fatti quello che succede, di noto e meno noto. Oggi è facile attribuire colpe alla stampa, per salvaguardare l’immagine e la coscienza, ma poi bisogna provare che colpe effettivamente ci siano.