Emilia Romagna: storno sì, tortora no

In Emilia-Romagna quest’anno si potrà cacciare lo storno, ma permane il divieto di prelievo venatorio per la tortora dal collare. La Giunta regionale dell’Emilia Romagna ha infatti deliberato in merito, ”nei tempi previsti dalla legge regionale e consultate tutte le organizzazioni, le associazioni interessate e le Province”

In Emilia-Romagna quest’anno si potrà cacciare lo storno, ma permane il divieto di prelievo venatorio per la tortora dal collare. La Giunta regionale dell’Emilia Romagna ha infatti deliberato in merito, ”nei tempi previsti dalla legge regionale e consultate tutte le organizzazioni, le associazioni interessate e le Province”.

«Una delibera equilibrata», ha dichiarato l’assessore regionale all’Agricoltura e all’Attività venatoria Tiberio Rabboni, «con cui la Regione affronta seriamente il problema del contenimento dei danni all’agricoltura provocati dalla fauna selvatica, senza rinunciare alla necessaria opera di tutela e salvaguardia di specie minacciate e protette. Auspichiamo che quest’anno si possa dare corretta attuazione della delibera, senza i ricorsi che sono seguiti a questi atti amministrativi in passato, tutti peraltro risolti in modo favorevole alla Regione».

Nei modi dettagliati per ogni provincia, sarà dunque possibile il prelievo venatorio dello storno in deroga al generale divieto di caccia a questa specie, protetta da una direttiva comunitaria e dalla legge nazionale. La deroga, spiega una nota regionale, viene concessa per contenere i danni all’agricoltura prodotti dallo storno, dato che i metodi di prevenzione non cruenti e i piani di controllo hanno mostrato la loro inefficacia.

Si è invece ritenuto che non sussistano le condizioni per consentire la caccia in deroga alla tortora dal collare. La decisione della Regione è stata assunta in base al parere contrario dell’Ispra, l’istituto nazionale competente per la tutela della fauna selvatica, e in base alla sentenza del 15 luglio scorso con la quale la Corte di giustizia europea ha condannato lo Stato italiano e le Regioni per la mancata o erronea applicazione della Direttiva uccelli negli anni passati. Considerata poi l’entità dei danni alle colture accertati, quantificabili in poche migliaia di euro, conclude la nota, la giunta ha valutato che non sussistano i ”danni gravi e ripetuti” per giustificare il ricorso alla deroga.