Dibattito sul cinghiale in Tv: ma la scienza dov’è?

Mattino Cinque News, andato in onda su Canale 5 alle ore 9,30 del 25 gennaio scorso. Ospiti in studio la parlamentare Michela Vittoria Brambilla, ben conosciuta dai più per le proprie battaglie animaliste. Le due opinioniste presenti in studio supportano il parere che si debba intervenire, sia nel campo della gestione dei rifiuti sia in quello delle catture e, dove necessario, degli abbattimenti per contenere il dilagare dei cinghiali, a Roma e non solo. Nel contenzioso interviene subito Michela Brambilla, precisando che le sue affermazioni sono supportate da ricerche scientifiche ed esperti del settore. La prima affermazione “scientifica” è che i cinghiali oggi esistenti in Italia sono il frutto di una introduzione di esemplari dall’Est Europa, per fini venatori, nei decenni scorsi.

Prima precisazione: non esiste ancora oggi, come detto tantissime altre volte, uno straccio di prova di questa cosa. La cortina di ferro è durata fino al 1989 e fino a tale data, da lì non passava nemmeno uno spillo. Figuriamoci carri bestiame o camion pieni di cinghiali. Il cinghiale è aumentato per la grande riproducibilità, assenza di predatori e dalle risorse alimentari sull’Appennino, che una volta erano sfruttate da chi ci viveva e che adesso non ci vive più. Gli ingressi di cinghiali dall’estero ci sono stati, ma spontanei, dalla Francia e dalla Slovenia. Questo lo dice la scienza vera, non animalista. Secondo: la Brambilla afferma che i cinghiali importati si riproducono di più del nostro italico maremmano. Assolutamente no. Il nostro cinghiale ha una prolificità esattamente analoga a quella dei cinghiali sedicenti alloctoni. Lo conferma la Tenuta di Castelporziano, nella quale esiste solo il cinghiale maremmano, la cui prolificità costringe i gestori della tenuta a sfoltire un migliaio di animali circa all’anno. Se c’è cibo, i cinghiali si riproducono tutti ugualmente.

L’onorevole Brambilla afferma poi che uccidendo la femmina capobranco, le altre vanno subito in estro. Assolutamente no. Casomai si disperde per un po’ il branco. Ma chi osserva per davvero la Natura, sa che in un branco tutte le femmine in età riproduttiva hanno già tutte i piccoli nello stesso momento, perché vengono sempre tutte coperte.

Poi afferma che uccidendo i maschi “grossi e belli” il branco si sbanda. Assolutamente no. I maschi “grossi e belli” non vivono col branco, bensì stanno isolati, sempre, tranne che nel periodo dell’accoppiamento. Subito dopo, se ne vanno. La Brambilla afferma, inoltre, che il nostro cinghiale vero è il sardo, che è più piccolo. Assolutamente no. Il cinghiale sardo, Sus Scrofa meridionalis, non è ancora certo che sia una razza pura, soffrendo delle molte ibridazioni con i maiali lasciati bradi fin dall’antichità. Il cinghiale dell’Italia continentale, Sus Scrofa Majori, è il nostro maremmano. Altra affermazione della Brambilla: “ormai la ricerca scientifica ha messo a punto farmaci per la sterilizzazione, basterebbe spargerli e si risolverebbe il problema per circa 6 anni. Anche perché gli altri animali non li mangerebbero”. Assolutamente no. Nessuna scienza ufficiale ha stabilito questo. Anche perché non esiste alcuno studio attendibile, se non quelli della parte animalista. Inoltre, questi farmaci con le piogge si spargerebbero nell’ambiente, sui campi coltivati, nei fossi e sui campi per irrigazione, con possibili effetti dannosi per altre specie, incluso l’uomo.

Al di là delle teorie o delle affermazioni più o meno opinabili, resta da capire perché in un programma giornalistico di approfondimento, debba essere data voce solo alla componente animalista e non possano essere invitati e fatti parlare esperti e tecnici super partes, bensì solo opinionisti che, anche se hanno controbattuto, non possono avere la preparazione tecnica di un ricercatore.