Cos’è l’headspace?

L’headspace, o “spazio di testa”, è un elemento importantissimo nelle armi a retrocarica, ma poco conosciuto al di fuori degli addetti ai lavori

L’headspace, o “spazio di testa”, è un elemento fondamentale in ogni arma da fuoco moderna a retrocarica. E nel momento in cui ci sono problemi con l’headpace, le conseguenze possono anche essere abbastanza spiacevoli. Malgrado questo, spesso e volentieri l’headspace è un qualcosa che lavora “in silenzio” e, quindi, la sua stessa esistenza è ignota alla maggior parte degli appassionati, che non abbiano le conoscenze e competenze da “addetti ai lavori”. Ma cos’è, di preciso? E perché è così importante?

Partiamo dal principio delle armi a retrocarica: che sia semiautomatica, revolver, carabina a ripetizione manuale o altro, alla fine c’è sempre una cartuccia che viene inserita in una camera di scoppio. Bene, alla fine questa cartuccia dovrà necessariamente andare in battuta con una superficie della camera, in modo da non poter più affondare ulteriormente. Con il termine headspace si intendono in effetti due distinti elementi, cioè il punto della cartuccia (meglio, del bossolo) con cui si realizza la battuta in camera di scoppio, ma soprattutto (e più precisamente) la misura della distanza esistente tra la faccia dell’otturatore e il punto della camera nel quale la cartuccia va in battuta, cioè tocca.

Il punto nel quale la cartuccia “fa headspace”, cioè va in battuta, tocca la camera di scoppio, dipende dalla forma del bossolo. Per esempio, nei bossoli con fondello a orlo sporgente (rimmed), la battuta, cioè l’appoggio, avviene proprio in corrispondenza della faccia anteriore dell’orlo del fondello e questo è vero sia quando i bossoli sono a pareti dritte (tipo .38 special, per intendersi), sia quando sono a collo di bottiglia (come il .30-30 Winchester, sempre per fare un esempio). Lo stesso discorso vale anche per i bossoli semirimmed, cioè con orlo solo parzialmente sporgente, come il 7,65 mm Browning, il 6,35 mm e così via.

Se il bossolo è “rimless“, quindi non presenta orlo sporgente, la battuta con la camera si realizza in punti differenti a seconda che il bossolo sia a pareti dritte (tipo .45 acp, .30 M1 Carbine, 9 mm Steyr eccetera) o a collo di bottiglia (.30-06, .308 Winchester eccetera). Nel primo caso, ad appoggiare in battuta sarà l’orlo anteriore del colletto, nel secondo caso sarà la spalla del bossolo, quindi l’elemento conico compreso tra il corpo cilindrico e il colletto.

Vi sono poi alcuni bossoli, in particolare quelli per carabina con prestazioni definite “magnum”, che appena al di sopra della scanalatura di presa dell’estrattore sul fondello presentano una “cintura” (sono i calibri cosiddetti “belted” o cinturati). In tal caso, sia che il bossolo abbia pareti dritte (esempio, .458 Winchester) o a collo di bottiglia (.300 Winchester magnum), la battuta in camera di scoppio sarà sempre in corrispondenza dello spigolo anteriore della “cintura”.

Ovviamente, come sempre accade, una volta stabilita una regola generale, subito vi sono anche le eccezioni: tra i calibri a collo di bottiglia, per esempio, il .357 Sig non “fa headspace” sulla spalla, bensì sul bordo del colletto come se fosse un bossolo a pareti dritte. Allo stesso modo, nelle armi di moderna produzione, il .38 Super auto, pur essendo un bossolo semirimmed, “fa headspace” sul colletto anziché sul rim.

L’headspace si misura rilevando la distanza che esiste tra il punto di appoggio del bossolo, quindi il punto in cui fa battuta, e la faccia anteriore dell’otturatore dell’arma. Esiste, ovviamente, un minimo di tolleranza, ma se la misura dell’headspace è troppo ridotta, inferiore al minimo stabilito dalle convenzioni internazionali, intuitivamente si avrà difficoltà a chiudere l’otturatore o non sarà proprio possibile farlo, di conseguenza l’arma risulterà inservibile. Se, invece, la misura è eccessiva, si realizza una situazione che può anche essere molto pericolosa, specialmente perché è difficile accorgersene di primo acchito. Una delle possibili conseguenze con un headspace eccessivo è che quando si preme il grilletto e il cane o il percussore urtano l’innesco, la cartuccia risulti troppo affondata nella camera e, di conseguenza, la percussione risulti insufficiente a far partire il colpo; peggio ancora, se l’innesco comunque si accende, allo sparo il fondello tende a rinculare violentemente all’indietro, fino a urtare la faccia dell’otturatore, mentre è ancora sottoposto alle pressioni della combustione del propellente: in tal caso il rischio è che si possa perforare l’innesco o, addirittura, che il bossolo si possa spezzare in due (foto sotto).

La posizione, invece, del punto in cui il bossolo va in battuta in camera di scoppio può influenzare la precisione intrinseca di un calibro: più lontano è il punto di battuta del bossolo in camera rispetto al colletto e maggiori saranno le vibrazioni e i possibili disassamenti del bossolo allo sparo, nel critico momento in cui la palla lascia il bossolo per impegnare le rigature. Questo è il motivo per il quale, per esempio, i moderni produttori di munizioni magnum hanno pressoché abbandonato il design cinturato del bossolo nello sviluppo dei nuovi calibri, a favore del design rimless (dai famosi Winchester short magnum agli Ultra magnum di Remington, fino al recentissimo .300 Prc di Hornady): la battuta infatti, come abbiamo visto, nei bossoli rimless avviene sulla spalla, quindi molto vicino al bordo del colletto, mentre nei bossoli belted avviene al fondello. Questo aspetto naturalmente ha un’importanza in particolare con i calibri per carabina, ma anche in alcuni calibri per arma corta risulta avvertibile: il caso classico è quello del .38 super auto, che ha bossolo semirimmed: nelle armi prodotte inizialmente (dagli anni Trenta fino agli anni Settanta circa del XX secolo), il bossolo faceva battuta sull’orlo del fondello, ma si riscontrò che la precisione era abbastanza scadente. Da un certo punto, i produttori statunitensi hanno cominciato a realizzare canne nelle quali il bossolo potesse fare battuta sull’orlo del colletto, ottenendo un immediato e sostanziale miglioramento delle prestazioni balistiche.

Ma chi lo controlla questo benedetto headspace? Il tiratore può sparare in tranquillità o deve preoccuparsi di verificare che la misura sia corretta? E se sì, come?

Cominciamo dalla fine: la misura dell’headspace si ottiene tramite speciali calibri tampone, che copiano grosso modo la forma di un bossolo. Normalmente sono una coppia di verificatori, uno con la misura minima (e ovviamente camerandolo nell’arma, l’otturatore deve chiudersi perfettamente) e uno per la misura massima (camerando il quale l’otturatore non dovrà potersi chiudere completamente). Questi calibri vengono utilizzati sia dal fabbricante dell’arma, sia successivamente da uno dei Banchi di prova riconosciuti dalla Cip (Commissione internazionale permanente per la prova delle armi da fuoco portatili), al quale devono obbligatoriamente essere presentate tutte le armi prodotte o importate in Italia.

Quindi, se si acquista un’arma nuova, la misura dell’headspace è stata verificata in modo professionale e si può stare tranquilli. Il problema si pone quando si acquista un’arma usata e magari (per fare un esempio) il venditore possedeva più esemplari di uno stesso modello e per un caso fortuito, magari durante la pulizia, ha scambiato gli otturatori. Questo frangente può verificarsi in modo particolare con le armi ex ordinanza, che possono magari essere state “rimaneggiate” da qualche commerciante per scopi estetico-collezionistici, dopo la prova al banco. In tutti i casi nei quali si ha ragione di credere che la misura dell’headspace non sia quella corretta sull’arma usata o d’epoca, occorre quindi portarla da un armiere qualificato che possa verificare con gli opportuni calibri tampone che la misura dell’headspace sia corretta.