Camiciatura in ferro: c’è rischio per le canne?

È un fatto abbastanza assodato che la stragrande maggioranza dei produttori di proiettili blindati, o camiciati, per pistola o carabina, realizzano il mantello, la camiciatura della palla con materiali basati su leghe di rame, come il tombacco o l’ottone, materiali che garantiscono la necessaria tenacità per “tenere” la rigatura anche a elevate velocità e accelerazioni, senza per contro comportare una avvertibile usura sulle rigature medesime. Esistono, tuttavia, anche produttori che utilizzano per la realizzazione della blindatura leghe di ferro, generalmente acciai dolci.

L’uso dell’acciaio dolce per la mantellatura dei proiettili ha radici storiche piuttosto famose: è stato, per esempio, ampiamente utilizzato dall’esercito austroungarico durante la prima guerra mondiale per tutti i principali calibri regolamentari, dall’8x50R al 9×23 mm Steyr all’8 mm Steyr per la pistola modello 1907 della cavalleria, e così via. Anche la Fiocchi, tra il 1942 e il 1945, ha utilizzato l’acciaio dolce per la mantellatura dei proiettili del 9M38 per i moschetti automatici Mab. Già prima dell’inizio delle ostilità nel secondo conflitto mondiale, l’esercito tedesco aveva introdotto in uso la camiciatura in ferro (ricoperta da un sottilissimo strato galvanico di rame per impedire l’ossidazione) per il principale calibro per carabina e mitragliatrici, l’8×57 e addirittura, nel corso della guerra, aveva introdotto in servizio un proiettile completamente realizzato in acciaio sinterizzato per il 9×19 mm, per ovviare alla penuria di rame e sue leghe. Tutti i Paesi del blocco sovietico, nel secondo dopoguerra, hanno utilizzato l’acciaio dolce per la camiciatura dei proiettili.

Ancora oggi, svariate aziende produttrici di munizioni ricorrono al mantello in acciaio dolce, variamente placcato per impedirne l’ossidazione, per le munizioni destinate sia alle armi corte, sia alle armi lunghe. Questo può accadere, principalmente, per consentire un contenimento del prezzo finale (è il caso delle munizioni Rws “schiess kino” destinate all’uso nei poligoni interattivi, piuttosto diffusi in Germania) oppure per ottenere caratteristiche tecniche specifiche in termini di espansione controllata (è il caso dei proiettili Uni classic e Id classic sempre di Rws, corrispondenti ai Brenneke Tug e Tig, che hanno mantellatura in acciaio dolce nichelato). Molti Paesi, specialmente dell’Est Europa e dell’estremo oriente, prevedono l’uso di mantellature in acciaio placcato per la stragrande maggioranza della produzione militare di munizioni di piccolo e medio calibro, sempre per il contenimento dei costi.

Per quanto riguarda i calibri per pistola, si ritiene generalmente che l’impiego di proiettili con mantellatura in acciaio non determini una usura delle rigature radicalmente superiore rispetto a una mantellatura in ottone o tombacco, in virtù delle velocità non elevatissime raggiunte dai calibri in questione, così come, anche, vale il medesimo discorso per le munizioni destinate alla caccia, che non vengono generalmente sparate in elevati quantitativi (se non altro per il loro costo). Per quanto riguarda le armi militari, spesso per limitare l’usura determinata da questo materiale, si provvede alla cromatura a spessore dell’anima della canna, che limita anche la corrosione da parte di inneschi a base di fulminato di mercurio (sempre meno utilizzati, però, oggi come oggi).

Nei calibri per carabina (con maggiori velocità e pressioni rispetto alle armi corte), destinati a essere sparati nell’impiego sportivo, quindi con elevato numero di colpi sparati, può effettivamente riscontrarsi una usura superiore dell’anima della canna, che viene generalmente ritenuta più avvertibile nelle canne inox rispetto alle canne in acciaio al carbonio. Il che in effetti spiega anche il motivo per il quale, normalmente, le palle match con profilo Hpbt non vengano mai realizzate con camiciatura in acciaio, bensì in tombacco o altre leghe di rame.