Biden e i black rifle: la diatriba si infiamma

C’è chi dice no. E cominciano a non essere neanche pochissimi, a livello di singoli Stati dell’Unione e nelle camere federali. Parliamo di politici repubblicani che, proprio in queste ore, stanno raddoppiando gli sforzi per esprimere pubblicamente la loro contrarietà a una messa al bando generalizzata dei black rifle, propugnata dall’attuale presidente degli Stati Uniti Joe Biden e tornata alla ribalta dopo la strage di Boulder, in Colorado.
“Verranno a prendere le vostre armi”, ha dichiarato il governatore del Texas Greg Abbott martedì sera, sottolineando l’urgenza di approvare in questa legislatura norme a tutela dei diritti sul possesso di armi, in conseguenza della presidenza Biden. Replicando a quanto aveva affermato il candidato (poi ritiratosi) Beto O’Rourke in campagna elettorale (il quale aveva esclamato “diavolo, sì, voglio portare via alla gente Ar15 e Ak47”), Abbott ha dichiarato: “tutto ciò che devo dire è “diavolo, no, non verrete a prendere le nostre armi nello stato della Lone star””. Abbott ha anche aggiunto, in una audizione della commissione giudiziaria del Senato sulla violenza armata: “Ogni volta che c’è una sparatoria, assistiamo a questo ridicolo teatrino nel quale si riunisce la commissione destinata a proporre una serie di leggi che non servono a nulla per fermare questi omicidi”. Lo stesso governatore Abbott, negli scorsi mesi, ha promosso la trasformazione del Texas in un “second amendment sanctuary”, nel quale non possano aver effetto eventuali restrizioni o divieti approvati a livello federale. Dello stesso avviso, nella medesima audizione, il senatore repubblicano Ted Cruz (in foto), il quale ha dichiarato: Quello che accade in questa commissione dopo ogni sparatoria di massa è che i democratici propongono di togliere le armi ai cittadini rispettosi della legge perché questo è il loro obiettivo politico. Le giurisdizioni nazionali in questo Paese, con il controllo più rigoroso delle armi hanno i più alti tassi di criminalità e omicidio. Quando disarmi i cittadini rispettosi della legge, aumenti le probabilità che siano vittime. Se vuoi fermare questi omicidi, dedicati agli assassini”.
Nel congresso dello Stato del Colorado, la deputata repubblicana Lauren Boebert ha inviato ai propri sostenitori un comunicato nel quale ha ribadito la propria assoluta contrarietà a restrizioni in materia di armi: la Boebert, peraltro, è stata oggetto di feroci critiche perché il suo messaggio è arrivato a sole due ore dalla strage nel supermercato di Boulder. D’altro canto la sua collega di partito nello stesso congresso del Colorado, Judy Amabile, ha invece dichiarato di essere a supporto della messa al bando.

Il paradosso
Il paradosso più grande di questa situazione è che, in realtà, dopo le stragi di massa degli anni precedenti, sia a livello federale, sia a livello dei singoli Stati, i politici repubblicani si erano avvicinati a posizioni più concilianti sulle norme per un miglior controllo sulla vendita e detenzione di armi, aprendo un dialogo con i Democratici. L’estremizzazione del confronto operata da Biden, con l’idea di una messa al bando (o, comunque, una radicale modifica della normativa) che prenda di mira proprio l’arma più diffusa e amata dagli americani, ha avuto finora un unico risultato, che è stato quello di chiudere qualsiasi ipotesi di dialogo su regole magari meno eclatanti, ma sicuramente di buon senso ed efficaci per evitare che le armi da fuoco possano andare nelle mani sbagliate. Con questa modalità d’azione si rischia il classico “chi troppo vuole nulla stringe”, anche perché in questo momento nel Senato statunitense è vero che i Repubblicani non hanno più la maggioranza, ma un rapporto di forza di 50 e 50, come quello attuale, non consente ai democratici di ritenere spianata la strada verso l’approvazione di norme restrittive, tantomeno di stampo estremo.