Armi “fantasma” e istruttori italiani per abbattere Gheddafi?

Sullo scandalo delle armi che il governo italiano avrebbe “girato” ai ribelli libici, il governo ha posto il segreto di Stato. Secondo le informazioni disponibili, si tratterebbe di ben 30 mila Ak 47 con 32 milioni di cartucce, 400 missili anticarro con 50 lanciatori, 5 mila razzi Katiuscia e 11 mila razzi anticarro Rpg

 

Sullo scandalo delle armi che il governo italiano avrebbe “girato” ai ribelli libici, il governo ha posto il segreto di Stato. Secondo le informazioni disponibili, si tratterebbe di ben 30 mila Ak 47 con 32 milioni di cartucce, 400 missili anticarro con 50 lanciatori, 5 mila razzi Katiuscia e 11 mila razzi anticarro Rpg. L’esistenza delle armi è stata rivelata con il trasferimento dei container dalla base della marina militare alla Maddalena verso Civitavecchia, utilizzando traghetti civili. Un trasporto che non è passato inosservato e ha provocato l'interesse dei media e alcune interrogazioni parlamentari. Ma c’è di più: come hanno confermato al Sole24 Ore diverse fonti, l'addestramento degli insorti all'impiego delle armi (soprattutto dei missili anticarro) è curato direttamente da consiglieri militari italiani. L'Italia, con la Francia e la Gran Bretagna, ha inviato ufficialmente in Libia dieci ufficiali che gestiscono lo stato maggiore dei ribelli, affiancando i loro vertici militari ma curando, di fatto, le funzioni di comando e controllo e coordinando i movimenti degli insorti e i raid aerei della Nato. Oltre a questi consiglieri l'Italia ha inviato in segreto in Libia altri team di militari, per lo più appartenenti alle forze speciali, con compiti di supporto ai miliziani e operativi da fine maggio. Una tempistica che coinciderebbe con l'arrivo a Bengasi dei carichi di armi che vent'anni fa avrebbero dovuto equipaggiare l'esercito croato, all'epoca in guerra contro i serbi.

La gigantesca fornitura di armi venne intercettata nel 1994 a bordo della nave maltese Jadran Express che stava trasportando il carico in Croazia per conto di una società dell'oligarca russo Alexander Borisovich Zhukov. La magistratura dispose la distruzione dell'arsenale che, invece, pare abbia raggiunto nei mesi scorsi Bengasi per armare il nuovo esercito libico anti-Gheddafi.