Armi e Tiro di giugno

C’è pane per i denti degli appassionati sul numero di giugno di Armi e Tiro: a partire dai più prestigiosi fucili da collezione Beretta, l’So 10 e il Giubileo. Più “umani”, soprattutto nel prezzo, il sovrapposto agonistico Fabarm Stl calibro 12 e il semiauto calibro 28 Armsan Cre 8

C'è pane per i denti degli appassionati sul numero di giugno di Armi e Tiro: a partire dai più prestigiosi fucili da collezione Beretta, l'So 10 e il Giubileo. Più "umani", soprattutto nel prezzo, il sovrapposto agonistico Fabarm Stl calibro 12 e il semiauto calibro 28 Armsan Cre 8. Per i cinghialai, abbiamo sottoposto a prove estensive la nuova carabina semiauto Benelli Argo E calibro .308 Winchester, con prove di tiro fino a 300 metri: i risultati sono sorprendenti! Dedicata alle gare cacciatori l'austriaca Rossler Titan 6 Allround competition calibro .308 Winchester, è invece destinata alla Production .22 lr creata da Armi e Tiro la Weihrauch Hw 66 Production. Per gli appassionati di Ex ordinanza, un classico moderno del Patto di Varsavia, l'Sks 45 calibro 7,62×39. Per i patiti delle armi corte, due semiautomatiche agli antipodi: da una parte la polimerica ultramoderna Glock 23 gen4 calibro .40 S&W, dall'altra la Government di impostazione classica Sam Desert storm calibro .45 acp. E poi la ricarica del 9×21 con polveri da caccia, Le Fiocchi Fblu 24 e 28 grammi e Tt two 28 grammi, la "radiografia" dell'azienda di munizioni Cheddite, lo sport e tanto altro ancora. Buon inizio estate con Armi e Tiro!

 Mors tua vita mea

 

Qualche giorno fa ho ricevuto la lettera di un armiere bolognese. Lamentava che i “giornalisti” (chissà perché scritto con le virgolette…) che hanno scritto il pezzo di maggio dedicato alla Gendarmeria di San Marino si sono ostinati a “partigianare”, avallati da me (…), “dimenticando che esistono regole e procedure che andrebbero rispettate anche da una enclave politica qual è la repubblica di San Marino. Ben ha fatto il capo della polizia di Stato a emanare una circolare che altri avrebbero dovuto fare prima di lui”. Secondo l’armiere “la tolleranza che è stata usata nei confronti di uno Stato estero per ciò che riguarda il commercio di armi e materie esplodenti, che nel nostro Paese non ha nulla di facilitato e scontato, ha permesso in alcuni lustri di accentrare il commercio su beni acquistati all’estero da cittadini italiani, senza tenere conto di discipline moratorie che hanno di fatto indirizzato i tradizionali clienti delle armerie italiane verso un polo che a piccoli passi è divenuto così potente da annullare molte realtà nazionali, specialmente quelle più vicine”.

L’armiere ha naturalmente ragione. Con qualche distinguo che mi permetto di rammentare perché, da troppo vicino (un centinaio di chilometri), si rischia di vedere solo il dito di chi indica la luna. Intanto, quei giornalisti (da me “avallati”) hanno fatto il loro dovere: cioè intervistato sul posto chi ha accettato di parlare di un problema “spinoso” e ancora in itinere. A Roma non succede altrettanto. Hanno descritto il quadro della situazione da cronisti. Questo naturalmente se è ancora possibile dare le notizie, senza trincerarsi dietro i nascondigli di comodo (anche delle interpretazioni dei giuristi) che in passato sono stati adottati da molte riviste di settore. Hanno, per di più, scritto senza partigianerie: accanto all’intervista al colonnello (italiano) Achille Zechini hanno inserito quelle di Nicola Perrotti e Antonio Bana, avvocati, presidenti di Anpam e Assoarmieri che hanno descritto “la circolare vista dall’Italia” (è il titolo del riquadro). Gli armieri sammarinesi non sono più bravi degli italiani, hanno senz’altro goduto di un più vantaggioso regime fiscale. Ritengo che si siano attenuti alle normative del loro Paese.

La verità che mi sento di sottoscrivere è quella espressa da Anpam. Cioè che la situazione si è venuta a creare per il fatto che la legge italiana è “spesso inutilmente vincolante e restrittiva”  verso coloro che esercitano la produzione e la distribuzione di armi, tanto da spingere molti cittadini a preferire l’antica “terra della libertà” di San Marino. Le conseguenze della circolare (salvo improbabili ripensamenti) saranno probabilmente drammatiche per gli armieri sammarinesi. A me dispiace e credo che farebbe bene a dispiacersi anche l’armiere bolognese: quando, in particolare nei settori di nicchia e in particolare nel settore delle armi, qualcuno chiude la serranda, e un piccolo spazio di libertà che viene a mancare.

Il detto latino del mio titolo non è così vero, in questo caso: perché il capo della polizia che ha firmato la circolare si sentirà più forte e forse potrà o vorrà vantare crediti nei confronti di chi gli ha consigliato una simile decisione. I clienti non gradiranno e non so se si riverseranno sulle armerie italiane limitrofe: più facilmente troveranno altre strade o, semplicemente, rinunceranno a certi acquisti.