Si torna a preparare i cani nei recinti

Il governo, per una volta, ascolta le associazioni venatorie. Nel cosiddetto “Collegato agricolo” modificata la legge che impediva, di fatto, l’addestramento nei recinti dei cani impiegati nella caccia e nelle operazioni di controllo del cinghiale

Con l’approvazione definitiva lo scorso 6 luglio del ddl d’iniziativa del governo già approvato dal senato e modificato dalla camera dei deputati “Deleghe al governo e ulteriori disposizioni in materia di semplificazione, razionalizzazione e competitività dei settori agricolo e agroalimentare, nonché sanzioni in materia di pesca illegale”, più comunemente noto come “Collegato agricolo”, ora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, si è risolta la questione aperta con la legge 28 dicembre 2015, n. 221 che all’articolo 7 aveva vietato “l'immissione di cinghiali su tutto il territorio nazionale, ad eccezione delle aziende faunistico-venatorie e delle aziende agri-turistico-venatorie adeguatamente recintate”. Al comma 2 dello stesso articolo veniva inoltre vietato il foraggiamento degli stessi selvatici.

La norma, che introduceva per di più una profonda disparità di trattamento fra fattispecie in realtà simili e aveva arrecato non pochi problemi ai gestori di recinti per l’addestramento dei cani da cinghiale, è stata infatti modificata dall’articolo 38 del citato “Collegato Agricolo” che specifica:

Art. 38. (Modifiche all'articolo 7 della legge 28 dicembre 2015, n. 221)

1. All'articolo 7 della legge 28 dicembre 2015, n. 221, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «ad eccezione delle» sono inserite le seguenti: «aziende agricole di cui all'articolo 17, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, delle zone di cui alla lettera e) del comma 8 dell'articolo 10 della medesima legge n. 157 del 1992,»;

b) al comma 2, dopo la parola: «controllo» sono inserite le seguenti: «il divieto non si applica alle aziende agricole di cui all'articolo 17, comma 4, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, alle zone di cui alla lettera e) del comma 8 dell'articolo 10 della medesima legge n. 157 del 1992, alle aziende faunistico-venatorie e alle aziende agri-turistico-venatorie adeguatamente recintate di cui al comma 1 del presente articolo».

Federcaccia, Arci Caccia, Enalcaccia e AnuuMigratoristi, esprimendo soddisfazione per il risultato raggiunto, vogliono ringraziare i deputati e i senatori che hanno ascoltato le preoccupazioni sottoposte loro dalle associazioni venatorie nazionali. La possibilità di addestrare i cani impiegati nella caccia e nelle operazioni di controllo del cinghiale, specie sempre agli onori della cronaca per i danni arrecati all’agricoltura e gli incidenti provocati, risponde alla precisa esigenza di tutelare la sicurezza e l’incolumità degli ausiliari portandoli in un ambiente controllato a fare i primi incontri col selvatico, abituandoli in modo sicuro a non prendersi eccessive confidenze e non correre così inutili rischi. Un'occasione, dunque, in cui la politica ha dimostrato di avere a cuore l’interesse di tutta la comunità.