Il comunicato congiunto di Anpam, Conarmi e Assoarmieri

Le tre associazioni di categoria sottolineano con un comunicato congiunto le criticità che ancora rimangono nel progetto di revisione delle direttive europee sulle armi, votato pochi giorni fa dall’Imco: così, ancora, non va bene

Dopo il voto del comitato Imco sulla bozza di revisione delle direttive europee in materia di armi, le associazioni del nostro comparto produttivo Anpam, Conarmi e Assoarmieri hanno rilasciato un comunicato congiunto, nel quale commentano l'accaduto: "Le associazioni italiane di categoria della filiera, Anpam, Conarmi e Assoarmieri, prendono atto del fatto che il Consiglio e il Parlamento hanno apportato alcune migliorie al testo iniziale proposto dalla Commissione europea, che conteneva numerose e immotivate restrizioni, prive di alcun supporto scientifico, che danneggiavano gli operatori del comparto e gli utilizzatori, ma desiderano sottolineare che nel testo continuano a permanere chiare criticità. Appare corretta la volontà di uniformare a livello UE le regole sulla disattivazione delle armi sul territorio europeo e i criteri di costruzione delle armi a salve, che non devono essere convertite dalla criminalità in armi funzionanti. Si ritiene invece non appropriata la volontà di invadere la competenza esclusiva dei Paesi membri su questioni importanti, come per esempio la determinazione dei requisiti psicofisici per il rilascio dei porti d’arma, i criteri per la custodia domestica delle armi o l’informatizzazione dei registri degli armieri, e ciò in considerazione dell’eterogeneità delle situazioni di fatto in relazione alle diverse esigenze di pubblica sicurezza nei vari Paesi europei. Non si condivide inoltre l’imposizione di prescrizioni aggiuntive in materia di marcatura delle armi non contemplate dai trattati internazionali firmati dai Paesi membri e non previste in nessun Paese del mondo, secondo un modello che a suo tempo la stessa Onu aveva rigettato. La misura non avrà rilevanti effetti positivi sulla tracciabilità ma penalizzerà sensibilmente gli operatori europei, a tutto vantaggio dei competitor esteri. Ciò comporterà inoltre apprezzabili difficoltà per le istituzioni nazionali, che dovranno sviluppare nuovi sistemi informatizzati che comprendano i dati non solo delle armi, ma anche di tutte le loro parti essenziali, causando un considerevole aggravio degli adempimenti e un conseguente maggiore rischio di errore. I trattati internazionali e la direttiva stessa escludono dal loro campo di applicazione le armi antiche, prodotte prima del 1890; non si condivide pertanto l’equiparazione alle moderne armi da caccia, tiro e difesa delle riproduzioni di armi antiche, in tutto e per tutto identiche agli originali, e, come tali, oggettivamente prive di pericolosità sociale. Una misura, quest’ultima, che apporta un immotivato danno al comparto armiero. Anche tale prescrizione dovrebbe essere lasciata alla discrezionalità degli Stati membri. Non risultano inoltre giuridicamente sostenibili altre prescrizioni, come l’inclusione immotivata di alcune tipologie di armi civili nelle categorie proibite, che lascia agli Stati membri discrezionalità sulle esenzioni: invece di armonizzare, il sistema comporterà discipline assai differenti nei diversi Paesi, con ovvie difficoltà di carattere applicativo, anche con riferimento al trasferimento di armi e munizioni all’interno del territorio dell’Unione Europea. Anpam, Assoarmieri e Conarmi ritengono che affrontare tematiche così delicate senza i necessari approfondimenti e consensi non solo comporterà una ulteriore difformità di applicazione della disciplina sul territorio europeo, ma restringerà i diritti di cittadini e imprese senza che a tali sacrifici corrisponda un apprezzabile e proporzionato incremento della sicurezza. Sarebbe stato certamente più utile che la UE procedesse a una reale verifica dell’implementazione della direttiva modificata nel 2008 prima di proporre una riforma ulteriore, destinata in queste circostanze a creare ulteriore disomogeneità normativa e applicativa tra Paesi più e meno virtuosi, senza benefici rilevanti di pubblica sicurezza, ma creando decise penalizzazioni nei confronti di operatori e utilizzatori. Il terrorismo si combatte controllando il territorio e le frontiere, e non creando burocrazia e restrizioni ai legittimi operatori del comparto. A conferma di ciò un recente studio di Transcrime (http://fireproject.eu/explore/#/shootings), primo nel suo genere a livello europeo, evidenzia che il numero di fatti delittuosi con l’utilizzo di armi legalmente detenute è assolutamente risibile. Le Associazioni desiderano rivolgere un particolare ringraziamento ai parlamentari europei ed alle istituzioni che si sono confrontate periodicamente e si sono adoperate per evitare quante più restrizioni possibili. L’impatto del testo risultante non è privo di criticità per un comparto che in Europa conta circa 1.800 aziende, 200 distributori, 14.000 armerie, 300.000 collezionisti e oltre 12 milioni di appassionati, che genera un fatturato annuo di oltre 40 Miliardi di euro e impiega oltre 580.000 mila posti di lavoro".