Ronde del paradosso

Il “teatrino” italiano farebbe ridere, se non ci fosse da piangere. Ma come? Il ministro dell’Interno sostiene un’iniziativa e i “suoi” uomini la rifiutano? Roberto Maroni ha detto che il termine “ronde” va esorcizzato. «Cominciamo a usarlo in modo positivo», ha detto il titolare del Viminale difendendo la sua idea di creare associazioni di cittadini volontari per la sicurezza. Queste associazioni di volontari, ha ricordato, esistono già e non riceveranno sovvenzioni … Il “teatrino” italiano farebbe ridere, se non ci fosse da piangere. Ma come? Il ministro dell’Interno sostiene un’iniziativa e i “suoi” uomini la rifiutano? Roberto Maroni ha detto che il termine “ronde” va esorcizzato. «Cominciamo a usarlo in modo positivo», ha detto il titolare del Viminale difendendo la sua idea di creare associazioni di cittadini volontari per la sicurezza. Queste associazioni di volontari, ha ricordato, esistono già e non riceveranno sovvenzioni e «io per evitare incidenti voglio regolamentarle». «Il nostro ddl», ha spiegato ancora, «impedisce le ronde “fai da te”. Si prevede, infatti, che sia il sindaco a decidere di avvalersi delle associazioni di volontari; queste ultime devono essere inoltre iscritte in un registro e passare al vaglio del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza. Tutto il resto è folklore o strumentalizzazione politica». Ora, io non sono particolarmente favorevole alle ronde, ma non sono nemmeno nettamente contrario. Esistono già, in qualche caso, persino da secoli. E vedo senz’altro di buon occhio che i cittadini si riapproprino del territorio, che impediscano l’insorgere di zone franche nelle città, che denuncino le situazioni a rischio, che riattivino quel virtuoso tessuto sociale autoprotettivo che nel tempo è venuto a mancare. Certo, non basterà un regolamento, ma per una qualche efficacia occorrerà la collaborazione delle forze dell’ordine. Invece, quella, per il momento proprio non sembra esserci. «Speriamo che i nostri politici che trascurano l’ordinaria gestione del sistema sicurezza – poche risorse, meno uomini, insufficiente coordinamento tra le forze di polizia – che è la strada da percorrere per migliorare la sicurezza, tornino sui loro passi e impediscano le ronde “fai da te”, gialle, nere, rosse che siano. La sicurezza non deve essere strumentalizzata, deve essere un preciso compito solo delle forze di polizia». Lo ha detto la Consap, Confederazione sindacale autonoma di polizia. Per Claudio Giardullo, segretario del sindacato di polizia Silp-Cgil: «Cresce la pericolosa confusione provocata dal ddl sicurezza sull’introduzione delle ronde. Le forze di polizia e la magistratura sono costrette a occuparsi delle ronde ancor prima dell’approvazione del ddl: tutto questo conferma che sarebbero un problema in più e non un ausilio per la sicurezza». Le cosiddette “ronde nere” a Milano hanno molto di folkloristico, con le loro uniformi e simboli. Se sono fuori legge, che siano indagate. E che dire allora delle ronde partenopee costituite da ex-detenuti con le casacche gialle che accompagneranno i turisti nei quartieri più pericolosi della città? Sono chiaramente provocazioni, sono parte di quel teatrino della politica gridata e della risonanza mediatica che serve solo a creare “casi” affinché i cittadini possano formarsi un’opinione generalmente superficiale e spesso sbagliata. Ne sappiamo qualcosa noi appassionati di armi. «Non vogliamo né le ronde né un ministro dell’Interno che le vuole», sostiene il sindacato di polizia Siulp, sottolineando che se emergono iniziative come quella delle “ronde nere” a Milano, ciò è addebitabile «al clima possibilista creato e fortemente voluto da questo governo». Può essere, un governo, accusato di possibilismo? Se sì, allora di cosa dovrebbe essere accusata l’Associazione nazionale funzionari di polizia? Enzo Marco Letizia, segretario nazionale dell’ Anfp, ha espresso “preoccupazione” per l’ipotesi che, a partecipare alle ronde volute dal governo, siano anche i detentori di un Porto d’armi. «Il legislatore regolamentare azzarda davvero troppo ad avere fiducia nei possessori di un’ arma, poiché forte sarà la tentazione, a cui i più deboli non sapranno resistere, di portarsi l’arma nel controllare il territorio». E poi giù i soliti dati: la stima che nelle case degli italiani ci siano circa 10 milioni di armi, 1,5 milioni coloro che sono in possesso di una licenza, mentre si stimano in 3 milioni i detentori di armi: un numero pari al 7,6% della popolazione adulta. «Siamo molto preoccupati, anche perché», ha aggiunto, «le norme sulle verifiche psichiche dei detentori di un’arma da fuoco sono sostanzialmente fumose e inefficaci, come lo dimostra la storia italiana degli omicidi e delle stragi della follia». Non varrebbe nemmeno più la pena citare il “nostro” se non per la sua fumosità e inefficacia. Per la sua “disinformazione militante”. E allora, pazientemente, gli rispieghiamo quei numeri: solo 1,5 milioni di persone potrebbero trasportare un’arma (“come oggetto inerte e non suscettibile d’uso”), mentre sono appena 34 mila i cittadini italiani che possono portare un’arma per difesa e 50 mila le guardie giurate (dati Eurispes del 2007). Ovvero molto meno dell’ 0,5% della popolazione italiana adulta. Se qualcuno dei 4,5 milioni che dice lui si azzarda a portare un’arma finisce in galera. Di ronda o non di ronda. Così come se un poliziotto ha un raptus può commettere omicidi e stragi. Perché gettare benzina sul fuoco dell’insicurezza? Un disegno? Un progetto politico? Semplice voglia di protagonismo? Che ce lo dica, Letizia. E pensare che le forze dell’ordine, secondo l’Eurispes, continuano a riscuotere la fiducia di oltre il 62% dei cittadini… Già, ma “quelle” forze dell’ordine sono quelle che vanno di pattuglia, sventano reati, che stanno dalla parte dei cittadini. Mica i funzionari dei sindacati!