Polizia: ritiro dell’arma in caso di disagio psichico

Il consiglio dei ministri ha approvato alcuni giorni fa, su proposta del presidente del consiglio Mario Draghi e del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, un regolamento (approvato in via definitiva con decreto del presidente della Repubblica) che introduce alcune modifiche al Dpr 28 ottobre 1985, n. 782, sul servizio dell’amministrazione della pubblica sicurezza. Una delle novità più significative riguarda la nuova disciplina di impiego per il personale “che presenti uno stato di perturbamento psichico reattivo, che tuttavia ne consenta l’impiego in attività non implicanti il porto dell’armamento individuale”: in tali casi è previsto che il dirigente dell’ufficio o il comandante del reparto provvedano “senza ritardo” a ritirare l’arma individuale in dotazione al soggetto che abbia manifestato lo stato di turbamento in questione. Si tratta di una misura che va a integrare quanto previsto dall’articolo 48 del regolamento di servizio (che prevede già il ritiro di pistola, manette e tesserino per infermità neuro-psichiche), prevedendo in questo caso un ritiro dell’arma per un periodo massimo di 90 giorni, con l’assegnazione a compiti interni non operativi con il mantenimento del trattamento economico. Nel periodo in oggetto, il poliziotto potrà sottoporsi a percorsi di sostegno mirati, per essere poi nuovamente sottoposto a un vaglio di idoneità alla scadenza dei 90 giorni. Questa misura si propone di intervenire in modo mirato sullo stato di salute psicologica degli operatori della polizia di Stato, che in particolare negli ultimi anni hanno evidenziato una drammatica escalation di suicidi.