Marò: la posizione di Beretta

Un breve chiarimento sulla vicenda e, soprattutto, la posizione di Beretta su un tema che è molto sentito dall’opinione pubblica (e dai lettori) e che investe anche i rapporti diplomatici e commerciali tra Italia e India

“I rapporti commerciali che il gruppo Beretta intrattiene con l’India, così come quelli con tutti gli altri 113 Paesi europei e extra europei in cui opera, avvengono nell’alveo delle relazioni internazionali e sono regolamentati da precise normative e accordi. Il clamore mediatico e l’attenzione diplomatica relativi alla vicenda dei due marò sono molto alti e la situazione è in una fase delicata. Per questo, ogni eventuale dichiarazione di Fabbrica d’armi Pietro Beretta è fatta in linea con le autorità italiane e con l'ambasciata a Nuova Delhi. Chiaramente, seguiamo con attenzione la vicenda dei due marò italiani sin dagli esordi e ci auguriamo sinceramente che Massimiliano Latorre e Salvatore Girone possano tornare presto a casa”. Per quanto conta, condivido senz'altro anch'io questa frase: ho interpellato direttamente l'azienda perché alcuni lettori volevano saperne la posizione sulla vicenda che riguarda le armi Beretta e, soprattutto, rapporti commerciali con l'India. 

Il 15 febbraio 2012 i fucilieri di marina del 2º reggimento "San Marco" della marina militare erano del tutto lecitamente schierati a difesa della petroliera battente bandiera italiana Enrica Lexie, in zona a rischio di attacchi di pirati, soprattutto in acque internazionali o quantomeno contigue, comunque sottoposte alla giurisdizione della nave e non a quella del Paese più vicino. Non so dire se i marò abbiano rispettato le regole d'ingaggio, come hanno dichiarato. È una fatto però che nella stessa area della petroliera italiana ci fossero altre imbarcazioni mercantili e che il capitano della Enrica Lexie, Umberto Vitelli, abbia acconsentito a entrare nel porto indiano di Kochi per accertamenti e che alle due vittime sia stata fatta una rapida autopsia e data un'altrettanto rapida sepoltura. Il rapporto dell'ammiraglio Alessandro Piroli dedica un intero paragrafo alle prove balistiche effettuate dalla polizia indiana e che si sarebbero svolte alla presenza di ufficiali dei Ros e del Ris dei carabinieri. Secondo il rapporto sono stati analizzati 4 proiettili, 2 rinvenuti sul motopesca e 2 nei corpi delle vittime.

È risultato che le munizioni erano del calibro Nato 5,56 mm fabbricate in Italia. I proiettili sarebbero stati sparati dai fucili d'assalto Beretta assegnata a due degli altri quattro fucilieri imbarcati oltre a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Nell'inchiesta, però, e nelle stesse modalità di comportamento delle autorità giudiziarie indiane mi pare di poter dire che ci siano stati parecchi errori e omissioni. Poi la vicenda ha interessato anche i rapporti tra i due Paesi che si sono fatti molto tesi. Senz'altro l'India è un'economia emergente e forse intende vantare qualche benemerenza internazionale, tuttavia anche la nostra diplomazia non è parsa esente da errori e cattive interpretazioni. Mi paiono importanti, almeno, le recenti dichiarazioni del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che ha mostrato preoccupazione per i rapporti tra i due Paesi entrambi membri dell'Onu e teme che la vicenda possa avere ripercussioni "sugli sforzi comuni e sulla collaborazione per la protezione della pace e sicurezza internazionale e per le operazioni antipirateria". Il presidente del parlamento europeo, Martin Shulz, ha rilevato la lunghezza e i ritardi della vicenda e lanciato un appello alle autorità indiane “affinché rispettino pienamente e prontamente il diritto internazionale e specialmente la Convenzione Onu sul diritto del mare” affermando che “le relazioni tra l'Unione europea e l'India devono essere basate sulla fiducia reciproca e sul rispetto dello stato di diritto”. Infine l'alto commissario dell'Onu, Navi Pillay, ha dichiarato che “i marò italiani sono detenuti da troppo tempo. C'è preoccupazione sul rispetto dei diritti umani”.