L’estate è bella con Armi e Tiro

Comincia la stagione delle vacanze e non c’è niente di meglio che rilassarsi in compagnia delle proprie passioni: Armi e Tiro ha provato per voi la poderosa e “cattiva” carabina Bcm Extreme tactical calibro .408 Chey tac e la nuovissima Beretta 96A1 calibro .40 S.&W., anello di congiunzione tra la 96 Fs e la 90-two

Comincia la stagione delle vacanze e non c’è niente di meglio che rilassarsi in compagnia delle proprie passioni: Armi e Tiro ha provato per voi la poderosa e “cattiva” carabina Bcm Extreme tactical calibro .408 Chey tac e la nuovissima Beretta 96A1 calibro .40 S.&W., anello di congiunzione tra la 96 Fs e la 90-two. Più “normale”, ma sempre prestigiosa la monofilare calibro .45 acp Kimber Grand raptor II, mentre per i cacciatori a canna rigata c’è la Varmint Winchester 70 Coyote light calibro .308 Winchester, economica solo nel prezzo, e lo spettacolare kipplauf Zanardini Kaiser nel particolare calibro 7x75R Vom Hofe super express. Per i fan della canna liscia, il leggero e versatile Bettinsoli Nexus calibro 12 e il polimerico semiauto Fabarm Xlr calibro 12. C’è grande interesse per il calibro 6,5×47 Lapua, lo abbiamo ricaricato in tutti i modi mettendo a confronto velocità, pressioni e soprattutto rosate. E poi le nuove cartucce spezzate Fiocchi con pallini Tundra, le palle monolitiche Comp bullet, l’ingresso della Fitds nel Coni e molto, ma molto altro ancora. Buona estate con Armi e Tiro!

Terrorismo anticaccia

 

Fronte compatto: Animalisti italiani, Amici della Terra, Enpa, Fai, Fare verde, Greenpeace, Italia nostra, Lac, Lav, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia, Vas, Wwf Italia.

L’articolo 42 (ex 38 e 43) della legge Comunitaria 2009, convertita in legge lo scorso 12 maggio, contiene alcune modifiche alla legge 157/92, in attuazione della direttiva 79/409/Cee. Allo Stato, in particolare, possono essere attribuiti anche compiti di ricerca e monitoraggio per la salvaguardia dell’habitat ornitologico, ponendo analoghi obblighi di conservazione ambientale a carico delle regioni e delle province autonome. La norma vieta la caccia per ogni singola specie durante il ritorno al luogo di nidificazione e durante il periodo della nidificazione e le fasi di riproduzione e dipendenza degli uccelli. Le regioni potranno comunque posticipare, non oltre la prima decade di febbraio, i termini del calendario venatorio, ma per far ciò sono obbligate ad acquisire il preventivo parere dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), al quale debbono poi uniformarsi.

Niente di buono per i cacciatori italiani, in realtà, soprattutto rispetto alle attese: dieci giorni in più per l’attività venatoria nel mese di febbraio, mentre resta invariato il numero di giornate destinate al prelievo per ciascuna specie. E, a conti fatti, le specie cacciabili in quel periodo sarebbero ridotte a poche.

L’operazione terroristica del fronte ambientalista di cui sopra è, comunque, già partita. Appellandosi alla propria interpretazione di una sentenza della corte di giustizia europea, con il solito sforzo disinformativo e distorsivo di quanto in realtà prescrive la legge, ecco il primo comunicato: “Abbiamo inviato note a tutte le regioni e province autonome italiane e ai ministri competenti, segnalando l’obbligo di ridurre la durata della stagione venatoria e il numero delle specie cacciabili, in ottemperanza delle modifiche apportate dalla legge Comunitaria 2009”. Per i firmatari del documento congiunto “si impone un’immediata contrazione dei calendari venatori, con una prudente chiusura al 31 dicembre della caccia a tutte le specie di uccelli (per il principio della completa protezione delle specie) o comunque, nell’ipotesi meno protezionistica, con la cancellazione di tutta o gran parte della caccia a gennaio per varie specie (stop al 31 dicembre per germano reale, alzavola, codone, canapiglia; al 10 gennaio per beccaccia, tordo bottaccio, tordo sassello, cesena; al 20 gennaio per folaga e combattente)”. Sarebbe invece “obbligatorio non inserire nelle liste delle specie cacciabili quelle che versano in cattivo stato di conservazione (pernice rossa, pavoncella, coturnice e lo stesso combattente, tutte specie classificate come Spec 2) e sospendere la cacciabilità per altre 14 specie di uccelli in cattivo stato di salute, nell’attesa che vengano predisposti adeguati piani di azione”.

Affermazioni demagogiche, ma che senz’altro fanno presa. Me le aspettavo, però. E mi sorprende che le associazioni non fossero preoccupate al riguardo. Si fa presto a dire che una specie è in sfavorevole stato di conservazione, ma poi occorre verificarlo. E, guarda caso, molte delle specie citate sono di rilevante interesse venatorio. Anche sulle specie che hanno uno status sfavorevole di conservazione in Europa (cioè Spec 2 secondo BirdLife international), la stessa direttiva comunitaria mi risulta sconsigli la totale chiusura della caccia, considerando la successiva mancanza d’interesse a ripristinare e mantenere ambienti idonei a tali uccelli. Questo perché la caccia non è la ragione della diminuzione delle specie animali, anzi. Invece di affermazioni come quelle propagandate dagli ambientalisti, si dovrebbero valutare le vere consistenze delle specie, conservare e rispettare il loro ambiente e creare situazioni favorevoli per permettere un maggior numero di cove (come invece fanno i cacciatori), risparmiarli da pesticidi, agricoltura intensiva e dall’aumento dei predatori. Dove sono gli ambientalisti quando si tratta di fare questo? E l’ex Infs (ora Ispra) dov’è? Tutti a chiamare in causa questo istituto sul cui destino (e futuro) nessuno continua a spendere un euro. Neppure è dato sapere chi saranno i nuovi vertici…

Il silenzio assordante e la colpevole latitanza delle associazioni venatorie lascia di stucco. Una sola proposta, per uscire dall’empasse, firmata dalle delegazioni della Toscana di Arcicaccia, Federcaccia e Italcaccia che propone di azzerare il progetto di Franco Orsi di revisione della 157 e ripartire, in parlamento, con una bozza di proposta di legge condivisa da maggioranza e opposizione. Opzione incredibilmente “sposata” dal presidente nazionale Federcaccia, Gianluca Dall’Olio. E solo da lui, mi risulta. In breve: competenza diretta delle regioni nella gestione della fauna selvatica e della caccia; modifica delle funzioni dell’Ispra; riforma del Comitato tecnico venatorio, in stretto raccordo fra Stato e regioni; gestione unitaria dell’intero territorio, superando il dualismo fra terreno cacciabile e aree vietate alla caccia; riorganizzazione dell’accesso agli Atc e della mobilità venatoria, sulla base di criteri di razionalità; calendario venatorio “elastico”, in base alle Direttive comunitarie e alle ricerche scientifiche; obbligo per le regioni di destinare integralmente al settore i proventi delle tasse regionali e destinazione alle regioni del 50% delle tasse di concessione governativa, secondo i principi di federalismo fiscale, tenendo conto prioritariamente della ricerca scientifica.

Buone idee? Può essere, ma perché ora? E perché buttare alle ortiche il lavoro di Orsi? Non mi sembra naufragato, né che sia già necessario correre ai ripari. Mi sbaglierò, ma ha tanto il sapore di una vendetta. È invece certo che le associazioni venatorie dovrebbero fornire a regioni, province e ministri la chiave di lettura dei cacciatori, la “giusta” chiave di lettura. Affinché il terrorismo mediatico degli ambientalisti non prevalga sulla ragione.