Inidoneità temporanea alle mansioni e ritiro del porto d’armi alla Gpg

La sezione Prima ter del Tribunale amministrativo del Lazio si è occupata del ritiro del porto d’armi per difesa personale e del decreto di nomina a Gpg, nel caso in cui la guardia giurata sia risultata temporaneamente inidonea al servizio in occasione della visita medica collegiale. Chiarendo che…

Il Tar del Lazio (sezione Prima ter) con sentenza n. 12695 del 22 novembre 2021 (pubblicata il 9 dicembre) ha stabilito un importante principio in relazione alla temporanea inidoneità all’impiego da parte di una Guardia particolare giurata, determinata dall’apposita commissione medica collegiale in occasione della visita medica periodica. Inidoneità alla quale la prefettura di Roma ha fatto conseguire la revoca della nomina a guardia particolare giurata e l’autorizzazione al porto di pistola per difesa personale.

Il giudizio di inidoneità all’impiego era stata determinata, in particolare, dalla commissione medica in relazione al mancato superamento dei requisiti relativi alla soglia uditiva minima ammessa. Soglia che, peraltro, è consentito dall’attuale normativa raggiungere tramite protesi correttive, che la Gpg non aveva al momento dell’esame medico, ma che ha poi provveduto ad acquisire.

I giudici del Tribunale amministrativo hanno ovviamente riconosciuto che la valutazione della Commissione fosse assolutamente congrua in relazione alla situazione di fatto al momento della visita; ha tuttavia ritenuto viziato per sproporzione il provvedimento adottato dalla prefettura, di ritiro delle autorizzazioni. “Considerato, infatti, che l’autorizzazione di cui si tratta per la guardia giurata costituisce un mezzo per mantenere il rapporto di lavoro e che il ricorrente risulta svolgere dette mansioni dal 2013, l’Amministrazione si sarebbe dovuta limitare a sospendere il titolo e la licenza per il solo tempo necessario affinché il ricorrente si potesse dotare di apparecchi idonei a correggere l’-OMISSIS- di cui è risultato affetto e potesse sottoporsi alla seconda visita medica, una volta provveduto in tal senso”, si legge nella sentenza. “La giurisprudenza ha rilevato, con argomentazioni condivise dal Collegio che “l’Autorità amministrativa, nell’esercizio della propria ampia discrezionalità, deve tener conto del fatto che l’eventuale revoca dei titoli abilitativi può incidere sulla capacità lavorativa dell’interessato e quindi sulla sua possibilità di produrre reddito e di reperire risorse per il sostentamento proprio e della propria famiglia; di conseguenza in tal caso occorre che il provvedimento sia sorretto da una motivazione più rigorosa rispetto a quella che potrebbe invece adeguatamente suffragare analoghi provvedimenti in materia di armi emanati nei confronti di soggetti che non svolgono tale attività professionale” (T.A.R. Piemonte, sez. I, 11 luglio 2014 n. 1220 richiamata più di recente in T.A.R. Campania, Sezione V, 20/11/2020 n. 5422). Ai fini che qui rilevano, l’Amministrazione avrebbe dovuto altresì menzionare le ragioni per le quali ha revocato de plano i titoli, senza tenere conto della possibilità di consentire al titolare della licenza di porre in essere azioni che avrebbero consentito di recuperare quei requisiti che la visita medica aveva riscontrato deficitari”. Il Tar ha, conseguentemente, accolto il ricorso annullando i provvedimenti di revoca.