Illegittimo il divieto di detenzione armi per tre cartucce in più

Il Tar del Lazio, sezione prima Ter, con sentenza n. 12512 del 24 luglio 2023 ha accolto il ricorso di un cittadino al quale era stato comminato il divieto di detenzione armi ex art. 39 Tulps, in quanto ritenuto “scarsamente affidabile” nella custodia delle armi stesse, in quanto in occasione di un controllo domiciliare era stato trovato in possesso di tre cartucce 9×21 in più rispetto al quantitativo denunciato e, inoltre, era stato trovato in possesso di una pistola Browning calibro 6,35 mm ancora denunciata a nome del padre, ormai scomparso.

I giudici, accogliendo il ricorso, hanno osservato che “la giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che, ferma restando l’ampia discrezionalità che connota il potere valutativo dell’amministrazione in materia di rilascio della licenza di portare armi, a tutela degli interessi primari dell’ordine e della sicurezza pubblica, non va mai dimenticato che la discrezionalità deve essere esercitata in coerenza con la situazione di fatto, oggettivamente esistente e mediante la formulazione di una congrua motivazione circa le ragioni, concrete ed attuali, dalle quali possa desumersi il rischio di un abuso delle armi. Ed invero, in tema di divieto di detenzione e porto d’armi o di revoca dei titoli autorizzativi, il potere discrezionale della pubblica amministrazione va esercitato nel rispetto dei canoni tipici della discrezionalità amministrativa, sia sotto il profilo motivazionale, sia sotto quello della coerenza logica e ragionevolezza, dandosi conto in motivazione dell’adeguata istruttoria espletata, al fine di evidenziare circostanze di fatto in ragione delle quali il soggetto sia ritenuto pericoloso o comunque capace di abusi ( TAR Roma, sez. I ter, 25 febbraio 2021, n. 2330). Il pericolo di abuso delle armi, in particolare, deve essere comprovato e richiede un’adeguata valutazione non solo del singolo episodio, ma anche della personalità del soggetto, che possa giustificare un giudizio prognostico sulla sua sopravvenuta inaffidabilità, come in caso di personalità violente, aggressive o prive della normale capacità di autocontrollo (cfr, tra le altre, TAR Campania Salerno, sez. II, 1 giugno 2017, n. 994; TAR Umbria, n. 97 del 23 gennaio 2017; TAR Basilicata, n. 261 del 26 maggio 2015). A tale affermazione consegue, tra l’altro, che, considerato il carattere preventivo delle misure di polizia, non è richiesto che vi sia stato un oggettivo e accertato abuso da parte del soggetto interessato, essendo sufficiente che – sulla base di elementi obiettivi – quest’ultimo dimostri una scarsa affidabilità nell’uso delle armi o un’insufficiente capacità di dominio dei propri impulsi ed emozioni (Cons. Stato, sez. IV, 26 gennaio 2004, n. 238). Analogamente, con riferimento alla revoca della licenza di porto d’armi ex art. 11 del R.D. n. 773/1931, la giurisprudenza non richiede un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, essendo sufficiente che il soggetto non dia affidamento di non abusarne e risultando, perciò, legittima – nonostante non ricorra alcuna delle ipotesi direttamente descritte dalla legge – la revoca dell’autorizzazione in base al motivato convincimento dell’Amministrazione circa la prevedibilità di abuso del titolo (TAR Puglia, sez. II, 29 agosto 2005, n. 3620). In generale, poi, in materia di autorizzazioni di polizia, l’Amministrazione, pur esprimendo una valutazione discrezionale circa il requisito di non affidabilità del privato, non può comunque prescindere, nei provvedimenti di diniego o di revoca, da una congrua ed adeguata motivazione, onde evidenziare le specifiche ragioni che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi con la conseguenza che, “qualora si tratti di denunce penali ovvero di segnalazioni della Autorità di P.S., l’Amministrazione non può limitarsi a richiamarle acriticamente, od a trarre dalle stesse un automatico giudizio negativo, ma deve operare un’autonoma valutazione dei fatti che ne sono alla base” (TAR Emilia-Romagna, sez. staccata di Parma, 25 marzo 2004, n. 122 e TAR Campania, sez. V, n. 1357/2017). Nel caso in esame, la Questura di Roma ha fondato il provvedimento di rigetto sulla generica motivazione che i fatti di cui si è reso responsabile il ricorrente denotano “un comportamento superficiale di per sé indicativo di scarsa affidabilità nella custodia delle stesse, come tale sufficiente a legittimare l’imposizione del divieto ex art. 39 del T.U.L.P.S.”. Detta motivazione non evidenziare le specifiche ragioni che farebbero ritenere il soggetto richiedente pericoloso o comunque capace di abusi. Parte ricorrente non ha mai riportato condanne per fatti che il T.U.L.P.S. prevede come preclusivi al rilascio dei permessi di polizia e dalla motivazione del provvedimento impugnato non emerge alcuna specifica valutazione sulla personalità del ricorrente dalla quale far discendere quel giudizio di inaffidabilità e di assenza di buona condotta, impeditivo alla permanenza del titolo di polizia che autorizza la detenzione; giudizio che deve investire nel suo complesso lo stile di vita del soggetto interessato e che va ricondotto specificatamente al provvedimento revocato. L’amministrazione ha tratto il giudizio di “non affidabilità” del ricorrente da due fatti: la detenzione, per mera affezione, di una vecchia pistola ereditata dal padre carabiniere e conservata senza munizioni, e il possesso di soli tre proiettili appartenuti ad una pistola regolarmente acquistata e denunciata, eccedenti il numero legittimamente detenuto. Tali fatti non possono, da soli, legittimare un ragionevole giudizio di inaffidabilità del ricorrente. In assenza di più articolata motivazione, la circostanza che la pistola appartenuta al defunto padre carabiniere, e da costui regolarmente denunciata, sia stata conservata da parte ricorrente priva di munizioni, indica un comportamento complessivamente non indicativo di scarsa affidabilità nella custodia. Altresì, la detenzione di tre proiettili inerenti ad una pistola regolarmente acquistata e denunciata non comprova, per ciò solo, il pericolo di abuso delle armi, considerata l’esiguità del numero di unità eccedenti il numero legittimamente detenuto”.